Il conto della Brexit, intesa lontana

Sabato 21 Ottobre 2017
IL VERTICE
BRUXELLES «Ora molto è nelle mani di Theresa May». Questa è la sintesi della situazione fatta dal presidente francese Emmanuel Macron. May non ha più alibi dopo che i Ventisette capi di stato e di governo della Ue le hanno dato pure un aiutino per renderle la strada leggermente meno pericolosa. Deve fare proposte precise sulla fattura di Brexit, sui conti da saldare per le poste decise a 28 i cui pagamenti si spalmano nel tempo. Per la Ue si parla di 50-60 miliardi. Dalle parole di Macron qualcuno ha desunto una cifra inferiore: 40 miliardi. Londra ha fatto filtrare una cifra di 20 miliardi per il periodo di transizione di due anni dopo la firma dell'accordo (marzo 2019). Distanza enorme. Sui conti la trattativa non è mai partita perché Londra non ha mai voluto parlarne. Per passare alla fase 2, quando si discuterà di relazioni future e cioè commercio, cooperazione nella Difesa, per la sicurezza continentale, tutti ambiti in cui il Regno Unito ha carte da giocare sul piano politico-diplomatico e militare, occorre chiudere la partita sui tre punti fondamentali per la Ue: diritti dei cittadini Ue residenti nel Regno Unito, frontiera anglo-irlandese e, appunto, obblighi finanziari. Sui primi due c'è qualche progresso, sul terzo buio totale.
LA TRATTATIVA
Theresa May ha cercato in tutti i modi, non facendo poi una gran figura a Bruxelles, di ottenere un'accelerazione, senza successo. Però un gesto i 27 lo hanno fatto decidendo di avviare internamente le discussioni sulla fase 2. Un segno di comprensione delle difficoltà di May. Ma è chiaro che la fase 2 scatterà solo se ci sarà l'accordo sui conti e sul resto. La verifica tra meno di due mesi, il tempo non è molto. Tuttavia la sensazione è che qualcosa si muoverà. May ha detto ai 27 che il conto finale della fattura di Brexit non sarà quello di cui si parla, riferendosi ai 20 miliardi indicati ufficiosamente da Londra. L'affermazione non è passata inosservata. Dal fronte Ue filtrano messaggi quantomeno speranzosi. Angela Merkel dice che «è molto chiaro che occorrono ulteriori mosse» da parte di Londra, però aggiunge che «non ci sono indicazioni che non riusciremo a trovare un accordo». Macron dice che sulla fattura di Brexit «siamo lontani ma si manifesta una buona volontà britannica». Per il presidente della Ue Tusk non si deve parlare di blocco dei negoziati: «Non siamo a un punto morto ed è il momento di una narrazione positiva, sento che le due parti esprimono buona volontà».
Il tema Brexit ha anche un altro lato: il trasferimento dell'Autorità bancaria Ue e dell'Agenzia del farmaco (Ema). Si deciderà il 20 novembre quando i ministri degli affari europei si esprimeranno con una serie di voti segreti che via via scremeranno le candidature. Le alleanze di oggi potranno consolidarsi come cambiare direzione. Il premier Paolo Gentiloni: «Delle agenzie si è parlato molto intensamente negli incontri laterali: Milano è una candidatura rilevante e competitiva per l'Ema, stiamo facendo un pressing diplomatico notevole». La partita è molto difficile e dall'esito incerto. Il premier olandese Mark Rutte ha difeso a spada tratta Amsterdam: «Ho cercato di accaparrarmi più consensi possibili, ma lo hanno fatto anche gli altri, siamo tutti d'accordo che i paesi con poche o nessuna agenzia abbiano la priorità per l'assegnazione delle nuove agenzie e l'Ema non è una nuova agenzia». Milano, Amsterdam, Copenhagen, Stoccolma, Vienna fanno oggettivamente parte della rosa delle migliori. Il premier bulgaro Borissov è il solo a sbilanciarsi sulle alleanze: «Lavoriamo da vicino con Italia, Grecia e Slovacchia».
Antonio Pollio Salimbeni
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