Il commercialista: «Non ho fatto nulla di illecito, sono caduto in un equivoco»

Sabato 20 Febbraio 2021
LA DIFESA
VENEZIA Nelle ore in cui il Nas acquisisce le carte della trattativa veneta sui vaccini, a 1.200 chilometri di distanza un commercialista siciliano si sfoga con Il Gazzettino. «Non ho commesso nessun illecito, sono solo caduto in un equivoco», si difende il 50enne indagato dalla Procura di Perugia per tentata truffa e sostituzione di persona. L'uomo parla dal telefono della casa di famiglia, sulla riviera jonica, visto che il cellulare gli è stato sequestrato insieme al computer, tanto che il pm Gennaro Iannarone ha appena nominato un consulente tecnico per la copia forense del materiale informatico prelevato durante la perquisizione.
DAL SUD A NORDEST
Questa è una storia che attraversa l'Italia, dall'estremo Sud al Nordest. Le indagini sono scattate in Umbria ma si sono estese al Veneto e lo studio legale che assiste il professionista si trova in Friuli. «Siamo in una fase embrionale dell'inchiesta afferma l'avvocato Roberto Mete di cui ora cercheremo di capire la portata. Agli atti ci sono solo le dichiarazioni di una funzionaria della Regione Umbria, secondo cui il mio assistito si sarebbe presentato come un diretto rappresentante di AstraZeneca. Questa è un'accusa che contestiamo, in quanto il mio cliente è un professionista che svolge una regolare attività di mediazione commerciale. Lui ha detto di conoscere i rappresentanti della casa farmaceutica e ha prospettato la possibilità di contrattare un acquisto. In sostanza, non si è qualificato come il dottor AstraZeneca, ma ha riferito di conoscere qualcuno di AstraZeneca che vende vaccini: questo non è certo un reato».
IL NODO
L'indagine mira a fare luce sul mercato parallelo delle dosi, la cui esistenza sembrerebbe provata da proposte di compravendita come questa, malgrado i ritardi nelle forniture da parte delle stesse multinazionali del farmaco. Il nodo di questa possibilità dev'essere ancora sciolto: curiosamente gli inquirenti di Perugia ipotizzano il tentativo di truffa alla Regione Umbria, il che farebbe presupporre che i quantitativi non fossero nella disponibilità dell'intermediario siciliano, mentre i pm di Roma teorizzano il peculato ai danni del commissario Covid, lasciando quindi intendere che invece le fiale esistano ma siano state sottratte ad altri. «L'impianto accusatorio mi lascia perplesso sottolinea l'avvocato Mete in quanto l'elemento integrativo della truffa consisterebbe nel proporre a un ente pubblico una convenzione privatistica. Si tratta delle strade esplorate da presidenti di Regione come Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia».
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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