IL CASO
VITTORIO VENETO Vigneti, circa 20 ettari per la produzione del Glera

Giovedì 23 Settembre 2021
IL CASO VITTORIO VENETO Vigneti, circa 20 ettari per la produzione del Glera
IL CASO
VITTORIO VENETO Vigneti, circa 20 ettari per la produzione del Glera destinato poi a diventare il vino con le bollicine più venduto al mondo, incastonati nella splendida cornice delle colline patrimonio dell'Umanità regno del Prosecco Docg, la punta di diamante della produzione vitivinicola italiana; ma anche un'altra sessantina di ettari distribuiti lungo la sinistra Piave, fino ad Annone Veneto, dedicati sempre al vigneto ma per la produzione di vari tipi di rosso. Questa è una parte del patrimonio di terreni e colture in mano all'Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Vittorio Veneto, diocesi del vescovo Corrado Pizziolo. Ovvero, il fustigatore dei produttori di Prosecco. Novero di cui fa parte a pieno titolo.
IL MONITO
Una ventina di giorni fa, con una lettera aperta per il mese del creato, aveva invitato i viticoltori della Docg al senso di responsabilità, al rispetto dell'ambiente, alla rinuncia totale ai pesticidi, a dedicarsi a una produzione di qualità ma attenta ai valori dell'ambiente. E aveva messo in discussione la monocoltura: «Sento urgente richiamare l'attenzione sul tema della preservazione della biodiversità - scriveva il Vescovo - in un'area in cui la monocoltura (che rischia di diventare monocultura, dove non c'è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali». Un richiamo che a tanti, quasi a tutti, è suonato come una tirata di orecchie. E che ha scatenato polemiche infinite, anche se misurate, spiegazioni, prese di posizione. E adesso, tra le colline patrimoni dell'Umanità, c'è chi alza il sopracciglio e si chiede come si conciliano quelle parole con la proprietà di 80 ettari di vigneti. «Chiariamo - dice don Alessio Magoga, portavoce della Diocesi - il Vescovo non ha mai nascosto che anche la Diocesi produce vino e che ha dei terreni. Lo ha detto pubblicamente in vari consessi. È quindi ovvio che le riflessioni fatte sui produttori di Prosecco, a maggior ragione, valgono anche per noi. Le regole sono uguali per tutti. I terreni gestiti dall'Istituto sono quelli appartenuti alle parrocchie. I proventi del lavoro servono per sostenere i nostri sacerdoti». Tra produttori e Diocesi i rapporti, dopo qualche giorno di turbolenza, si sono rasserenati. Si è parlato anche di organizzare un tavolo per affrontare argomenti così delicati come la sostenibilità ambientale: «Il dialogo c'è sempre - sottolinea don Magoga - so che ci sono dei contatti in corso, ma ancora non è stata fissata una data».
LA SOSTENIBILITÀ
Nei terreni gestiti dall'Istituto Diocesano non c'è la produzione biologica, ma la produzione ha comunque il certificato di qualità Sqnpi (Sistema di qualità nazionale di produzione integrata) per l'intera superficie a vigneto. Un primo riconoscimento che, a oggi, hanno già ottenuto più di cento aziende vitivinicole dell'area Docg. E poi c'è la questione della monocoltura, tema toccato dal Vescovo e più volte sottolineato. Nell'area Docg rifiutano però l'idea di passare per quelli che sfruttano un territorio così delicato. In più occasioni i produttori hanno fatto notare che gran parte dell'area delle colline resta a bosco. Don Magoga ritorna sull'argomento ed evidenzia un dettaglio: «Nei terreni dell'Istituto del Clero ci sono sicuramente vigneti che producono Prosecco, ma c'è anche altro, altri prodotti per rispettare proprio la varietà». Tra le colline la discussione continua. Il richiamo di monsignor Pizziolo ha lasciato il segno. Sono intervenuti un po' tutti, anche il governatore Luca Zaia, con grande garbo, ha riconosciuto la legittimità delle osservazioni di monsignor Pizziolo, ribadendo però che i produttori trevigiani e veneti lavorano sempre seguendo le regole. Quelle stesse che governano anche i vigneti di proprietà del clero: «Certo - conclude il portavoce - il Vescovo ha lanciato un messaggio a tutti, un richiamo che ha fatto discutere. Ma quelle regole le seguiamo anche noi, da sempre». Nell'aria resta però in sospeso la sensazione che il confronto non sia ancora finito. Che ancora molta ci sia da dire.
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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