IL CASO
VENEZIA Una volta, per chi consapevolmente e volutamente causava un'epidemia,

Sabato 4 Luglio 2020
IL CASO
VENEZIA Una volta, per chi consapevolmente e volutamente causava un'epidemia, era prevista addirittura la pena di morte. Per i cialtroni, quelli che sanno di essere dei potenziali untori di coronavirus e se ne fregano finendo però col contagiare altre persone, c'è tuttora la galera. Codice penale, articolo 452. Per la Regione Veneto, però, vanno anche inasprite le multe. E va pure reso obbligatorio il ricovero a chi sta male, come se si trattasse di un Tso, un trattamento sanitario obbligatorio. Perché c'è gente che non fa la quarantena anche se dovrebbe stare tappata in casa, specie se rientra in Italia dall'estero e da Paesi a rischio. C'è chi non si scompone di essere risultato positivo al tampone del Covid-19 e continua a fare quello che faceva prima: lavoro, cene, feste. E che quando sta male rifiuta pure il ricovero, salvo poi finire in rianimazione ed essere indicato da una, due, tre, quattro persone che si sono scoperte malate di coronavirus: «Eravamo con lui». Il caso scoppiato in queste ore a Vicenza e da lì a Verona e nel Padovano e forse anche nel Polesine, è emblematico, è la dimostrazione che quattro mesi di reclusione ad alcune persone hanno insegnato ben poco. Tant'è che in Veneto non solo i microfocolai sono esplosi (più di venti), ma è anche aumentato il livello di rischio: da basso con un tasso di contagiosità Rt 0,43% a elevato con un Rt 1,63%. «Non so a chi fare i complimenti», sbotta il governatore del Veneto Luca Zaia prendendosela con i «complottisti» che sui social diffondono «teorie vigliacche» secondo cui solo i vecchi sarebbero a rischio, ma anche con i «comportamenti irresponsabili» che in Veneto hanno determinato 5 nuovi casi positivi e, per ora, 52 contatti (al momento tutti negativi) all'Ulss di Vicenza e altri 37 a Verona. La storia, che dettagliamo nella pagina a fianco, ha causato anche litigi sull'asse Venezia-Roma, con Zaia che chiede più poteri alle Regioni e il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri che dice che non c'è bisogno di ricoveri coatti: «La quarantena è già un metodo di trattamento obbligatorio e violarlo è già punito, ma si tratta di casi isolati». E ha minimizzato anche uno degli esperti voluti da Palazzo Balbi, il padre dei tamponi Andrea Crisanti: «Non sono preoccupato, non si tratta di fare ordinanze più severe o meno, ma di capire l'origine dei focolai e applicare le misure per spegnerli». L'intenzione di Zaia è invece di inasprire le sanzioni: «Stiamo lavorando su una nuova ordinanza. E in attesa che a livello nazionale si muovano, stiamo ravanando nell'ambito delle competenze regionali».
LE RICHIESTE
Le richieste di Zaia «a quelli che stanno a Roma» sono di «avere gli strumenti per fare i ricoveri e se serve buttare via la chiave». Perché se l'imprenditore di Vicenza tornato dalla Serbia si fosse messo subito in quarantena, come sarebbe d'obbligo per chi arriva da Paesi extra area Schengen, magari si sarebbe scoperto positivo, ma non avrebbe infettato altre persone. Idem se, una volta fatto il tampone, avesse accettato il ricovero, invece di continuare ad andare in giro perfino la sera prima di finire in rianimazione.
Quando l'Italia era chiusa e per uscire di casa c'era bisogno di valide giustificazioni (ce lo ricordiamo? lavoro, andare in farmacia o a fare la spesa, motivi indifferibili e urgenti), era prevista anche la denuncia penale per chi, con infezione respiratoria e febbre sopra i 37,5°, usciva lo stesso e si prendeva pure una multa da 400 a 3.000 euro. Poi, di Dpcm in Dpcm, la parte penale è scomparsa e il massimo della multa è calato a 1.000 euro. Chi arriva dall'estero dovrebbe fare la quarantena, ma, com'è successo per l'imprenditore vicentino e le badanti tornate in pulmino dalla Moldavia e poi risultate positive, non sempre succede. La denuncia penale è prevista solo per chi, positivo, ha ricevuto una comunicazione dell'Ulss e non rispetta l'isolamento. E poi c'è il codice: so di essere un potenziale untore, me ne frego e per colpa mia poi qualcun altro si ammala. Ma quante denunce ci sono state? Più facile, forse, convincere la gente con le multe? È quello che intende fare il Veneto. «Sperando - ha detto Zaia - che quello importato dalla Serbia non sia un virus cattivo».
Per la cronaca: le richieste di Zaia sono state criticate sia dai pentastellati veneti Erika Baldin, Manuel Brusco, Simone Scarabel («La smetta di cercare consensi facili e lasci parlare gli esperti») che da Forza Nuova (Roberto Fiore: «Misure per 5 nuovi casi? Il Tso lo faccia Zaia»). In conferenza stampa il governatore forse aveva previsto le bordate: «Non sono obbligato a fare il simpatico. E ai direttori delle Ulss ho detto di procedere con le denunce se si scopre chi non rispetta l'isolamento: tolleranza zero».
Alda Vanzan
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