IL CASO
VENEZIA Scoppia la polemica a Venezia per una sfilata di moda di abiti

Domenica 17 Marzo 2019
IL CASO VENEZIA Scoppia la polemica a Venezia per una sfilata di moda di abiti
IL CASO
VENEZIA Scoppia la polemica a Venezia per una sfilata di moda di abiti nuziali e la celebrazione di un matrimonio con un finto prete. Venerdì sera nel complesso dell'Ospedaletto dell'Ire (Istituto di ricovero ed educazione) a Castello ha preso il via Sposarsi a Venezia® con Noi, la rassegna dedicata al Pianeta Sposi, ideata da Wladimiro Speranzoni & Donatella Mola.
Per l'inaugurazione della 24esima edizione è stato messo in scena il Fashion Show & Charity Event nelle parti storiche dell'ex casa di riposo, con anche finalità benefica a favore della Fondazione Città della Speranza e Fondazione Lene Thun: lungo la scala dei Sardi hanno sfilato eleganti abiti da sposi e da cerimonia indossati, tra gli altri, da Mister Universo Riccardo Pagan, Miss Mondo Sport Pamela Valle, le due Marie Erika Chia e Micol Rossi, Manuela Levorato (velocista plurimedagliata a livello internazionale), Francesca Bettrone (olimpionica pattinaggio ghiaccio velocità), Rachele Campagnol (pluricampionessa mondiale pattinaggio artistico a rotelle), Giulia Paoletti (campioncina di ippica), Francesca Cipelli (paralimpica di atletica nella specialità del salto in lungo), Federica Voltolina (ex paziente della Città della Speranza e cantante lirica) e la presidente del consiglio comunale di Venezia Ermelinda Damiano.
IL FINTO SPOSALIZIO
Dopo la sfilata, vista attraverso un mega schermo nel cortile delle quattro stagioni e il rinfresco, l'attenzione di tutti si è spostata in chiesa dove un attore, finto sacerdote con tanto di casula liturgica indosso, ha celebrato il rito dello sposalizio, presentando due giovani sposi. A cerimonia finita i neo sposi sono stati raggiunti dalle tante modelle in abito nuziale per la foto di gruppo, mentre nella vicina sala della musica si animavano i tavoli degli espositori.
LE ACCUSE
La finta cerimonia religiosa ha suscitato le ire del Patriarcato di Venezia: la chiesa veneziana dell'Ospedaletto, di proprietà dell'Ire, non è sconsacrata, anche se da qualche anno non vi vengono più officiate celebrazioni liturgiche. «L'inaccettabile uso deliberatamente commerciale che ne è stato fatto nelle scorse ore, con l'intervento oltretutto di un finto sacerdote in vesti liturgiche tuona il Patriarcato in un comunicato -, non risulta consono perché profondamente irrispettoso e gravemente lesivo della santità del luogo, nonché oltraggioso della fede e della sensibilità religiosa dei veneziani e della città, tanto da configurare un vero e proprio caso di profanazione. La Chiesa veneziana, amareggiata, disapprova e condanna quanto avvenuto nell'edificio sacro e si riserva di chiarirne le responsabilità».
La profanazione del tempio ha irritato non poco anche il consiglio di amministrazione dell'Ire, che lunedì avvierà una indagine per capire come sono andate le cose e tutelarsi legalmente per un eventuale danno di immagine. Nel piano di produzione, arrivato all'ultimo momento, non c'era una descrizione dettagliata dell'evento, ma si parlava genericamente di uno scambio delle promesse. Era stato specificata la sacralità del luogo e mostrato il regolamento che prevede il rispetto della chiesa, con divieti di consumo di cibi e bevande e abbandono di vettovaglie, nonché l'esclusivo uso di musica d'organo. Inoltre Fondazione Venezia servizi alla persona, che si occupa della gestione del bene come House provider, essendo la chiesa consacrata, comunica ogni iniziativa alla Curia per l'autorizzazione. In questo caso avevano lasciato agli organizzatori, che avevano ricevuto l'Ospedaletto in comodato, il compito di chiedere il nulla osta. Cosa che non è avvenuta.
LE SCUSE
«Doveva essere Fondazione Venezia che ci ha concesso gli spazi a chiedere il permesso alla Curia ribatte l'organizzatore Wladimiro Speranzoni -. Probabilmente non ci siamo capiti, perché se avessimo saputo che la richiesta del permesso era un nostro compito l'avremmo fatto. Così come non pensavamo che l'attore teatrale, che ha portato un proprio vestito di scena, con la sua finta cerimonia mancasse di rispetto al luogo. Se ci avessero detto che era sbagliato lo avremmo spostato nel cortile delle quattro stagioni. Chiediamo scusa all'Ire e al Patriarcato di Venezia».
Coperto il capo di cenere, dopotutto è Quaresima, gli organizzatori ieri hanno liberato da attrezzature e vestiti la chiesa: la rassegna degli operatori del settore wedding, che si conclude oggi, si è spostata nelle sale dell'ex casa di riposo. Nel tempio consacrato si passa solo di passaggio, entrando.
Daniela Ghio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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