IL CASO
VENEZIA Hanno lavorato per settimane, fitti incontri di lavoro tra la

Domenica 14 Giugno 2020
IL CASO VENEZIA Hanno lavorato per settimane, fitti incontri di lavoro tra la
IL CASO
VENEZIA Hanno lavorato per settimane, fitti incontri di lavoro tra la Regione del Veneto e le associazioni di categoria. Alla fine, ancora lo scorso mese, hanno partorito le tanto attese linee guida per la riapertura delle case di riposo che significa accogliere nuovi ospiti, ma anche consentire ai parenti di far visita ai propri cari ricoverati in queste strutture. Solo che, nonostante i protocolli, non è cambiato niente: le case di riposo sono di fatto chiuse. Il motivo? Troppo alto il rischio che nelle strutture entri - di nuovo o per la prima volta - il virus. Troppa la preoccupazione di dover far fronte a improvvisi focolai. Così, nonostante il via libera della Regione dello scorso 26 maggio, non è cambiato niente. «Siamo inquietati dai messaggi che arrivano dalle famiglie», ha detto il presidente della Regione Luca Zaia. Che ha annunciato una nuova ordinanza tale da alleggerire le responsabilità dei gestori di Ipab, Rsa, centri per disabili e per malati psichiatrici. «Faremo un'ordinanza che sarà di fatto un piano di sanità pubblica in modo che i gestori siano più tranquilli - ha detto Zaia - Sia chiaro però che l'ordinanza la firmerò io, la responsabilità viene trasferita alla Regione».
LE PROTESTE
C'erano altre soluzioni? A quanto pare no, anche perché le case di riposo son strutture autonome e nessuno, neanche la Regione, può imporre di aprire le porte, pur con tutte le precauzioni del caso. Solo che le famiglie non ce la fanno più. «Le famiglie - ha ammesso Zaia - hanno tutte le ragioni del mondo. Ci riferiscono di anziani e disabili ricoverati che soffrono, e in alcuni casi regrediscono, perché si sentono abbandonati dal momento che le visite sono sospese da mesi».
«La tematica è complicata e delicata - ha aggiunto l'assessore alla Sanità e al Sociale, Manuela Lanzarin - Sono interessati disabili, minori, anziani autosufficienti e non autosufficienti, malati psichiatrici. Stiamo lavorando a un nuovo provvedimento che valga per tutti questi settori, con poche regole ma chiare sulle visite dei familiari, sulle autorizzazioni a uscire dalle strutture nei fine settimana, sui nuovi ingressi. Riceviamo centinaia di messaggi e mail anche molto duri da parte delle famiglie. Ma il fatto è che i gestori sono molto preoccupati». La soluzione potrebbe essere quella di attenuare se non togliere del tutto le responsabilità in capo ai gestori. «Anche le altre Regioni, come la Toscana e l'Emilia Romagna, si stanno muovendo nella nostra stessa direzione», ha detto il governatore Zaia.
LE REAZIONI
Sulla questione sono intervenuti anche alcuni consiglieri regionali. «Se la Regione avesse impegnato verso i centri di occupazione diurna e l'assistenza alle persone con disabilità, la stessa attenzione che sta dimostrando nei confronti dei locali da ballo, probabilmente centinaia di famiglie venete sarebbero uscite da settimane da un vergognoso lockdown senza fine, a cui invece li costringe l'inerzia della burocrazia sociosanitaria veneta», ha detto Cristina Guarda (Veneto 2020). Secondo Stefano Valdegamberi (Gruppo misto, Tzimbar Earde), invece, la responsabilità è di Roma: «Gli anziani, i disabili, i malati psichiatrici, anche dalle ultime direttive sul coronavirus del Governo sono destinati alla totale reclusione, peggio dei carcerati. La Regione cerchi di mitigare il più possibile queste disposizioni statali per non far morire di crepacuore queste persone, che soffrono e si sentono abbandonate dai loro cari».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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