IL CASO
TREVISO Prima ha strattonato il medico e l'infermiera in quel momento

Domenica 2 Agosto 2020
IL CASO
TREVISO Prima ha strattonato il medico e l'infermiera in quel momento presenti all'interno dell'infermeria, poi si è scagliato contro computer, stampanti e altro mobilio devastando tutto. All'arrivo degli agenti della questura trevigiana in tenuta antisommossa ha cercato di fuggire. E quando si è visto accerchiato ha afferrato due spranghe di ferro minacciando e tentando di colpire i poliziotti, che lo hanno però immobilizzato è arrestato. Ancora tensione all'interno dell'ex caserma Serena, il centro d'accoglienza messo in quarantena per arginare il contagio del virus Coronavid. Ieri mattina verso le 11,30 gli agenti di guardia all'esterno per evitare che qualcuno esca, sono dovuti intervenire per placare l'ira di un 27enne gambiano che stava minacciando lo staff medico all'interno della struttura e che in mattinata aveva già dato altri problemi. L'infermeria pare essere il bersaglio prediletto di queste ultime ore. Già giovedì sera, dopo la conferma dei 130 casi di positività (arrivati ieri a 136) e dello stato di quarantena per tutti i 330 ospiti e la ventina di operatori presenti nella struttura, un gruppo non ancora identificato di richiedenti asilo l'aveva presa d'assalto rovesciando lettini, scrivanie e rompendo tutto quello che trovavano. Adesso le indagini appureranno se il gambiano arrestato ieri ha partecipato anche al primo blitz.
ALLARME
Lo stato di allerta continua a rimanere alto. Attorno all'ex caserma è stato allestito un cordone sanitario formato da camionette di polizia e carabinieri e da agenti e militari in tenuta antisommossa, sempre pronti a intervenire. Il prefetto Maria Rosaria Laganà ha già annunciato che verrà tolta l'accoglienza ai protagonisti dei tafferugli, soprattutto a quel gruppetto di capipopolo che sembrano voler aizzare gli animi. L'arrivo del Covid ha inoltre reso complicata una convivenza già non facile anche in condizioni normali. L'Usl ha infatti imposto di non far uscire nessuno dal centro d'accoglienza - i positivi sono tutti asintomatici e nessuno ha bisogno di ricovero ospedaliero - e che i 136 positivi siano separati dagli altri. I tecnici hanno quindi individuato un padiglione dove confinarli, mentre altri tre locali sono stato riservati ai migranti negativi. Ma una separazione netta è molto difficile. All'interno dell'ex caserma convivono etnie differenti che non sempre vanno d'accordo tra loro. Complicato, insomma, far stare nello stesso padiglione persone risultate positive ma appartenenti a clan diversi. Il rischio è di fomentare ulteriori tensioni: «Capiamo questa difficoltà - ammette Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl 2 - quindi abbiamo chiesto che sia almeno obbligatoria la mascherina in tutti gli spazi della struttura e che venga rispettato molto scrupolosamente il distanziamento sociale. Martedì, a una settimana dai primi segnali del virus, rifaremo i tamponi a tutti i presenti per valutare l'andamento del contagio».
CONTROMISURE
Intanto continua la caccia ai contatti dei 136 positivi. Una quarantina di loro ha un lavoro, chi in azienda e chi con attività occasionali. Gli specialisti dell'Usl hanno setacciato quattro aziende: un centro commerciale, due aziende agricole e la Benlog di Castrette, del gruppo Benetton, dove lavorano con contratto interinale tre ospiti delle Serena di cui uno risultato positivo. Per questo 13 suoi colleghi sono stati precauzionalmente messi in quarantena volontaria. In tutte le aziende coinvolte sono stati inoltre eseguiti 53 tamponi, risultati tutti negativi. Ma non finisce qui. L'obiettivo adesso si sposta ai luoghi del tempo libero e ai negozi dove i migranti sono ormai diventati clienti fissi. I ragazzi ospitati nell'ex caserma vanno più meno sempre negli stessi posti per fare un po' di spesa o per piccoli acquisti. L'Usl ha quindi individuato un'attività commerciale da controllare, un supermercato situato a poca distanza. Domani medici e infermieri andranno a chiedere a titolari e dipendenti di sottoporsi al tampone per fugare ogni timore che il contagio si sia diffuso anche in quei locali. «I controlli li facciamo - ammette Benazzi - ma nelle aziende e nelle attività commerciali siamo più tranquilli, perché ovunque il monitoraggio c'è già e le misure di sicurezza vengono rispettate». Non verranno invece fatti test sui residenti attorno all'ex caserma. Si cerca infine di capire come il Covid si sia diffuso tra i richiedenti asilo. L'ipotesi più concreta è che sia stato portato da fuori, ma maggiori sicurezze arriveranno quando il laboratorio di microbiologia del Ca' Foncello terminerà l'esame del virus trovato con i tamponi.
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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