IL CASO
ROMA Ora la variante indiana fa paura. Soprattutto al di là della

Sabato 15 Maggio 2021
IL CASO
ROMA Ora la variante indiana fa paura. Soprattutto al di là della Manica. Nel Regno Unito infatti, la mutazione della Sars-Cov2 scoperta nel subcontinente asiatico sta rapidamente prendendo piede causando una iniziale risalita dei contagi in alcune città del nord ovest (su tutte Bolton e Blackburn). Al momento i casi indiani accertati sono circa 1.300 e la situazione è considerata sotto controllo ma «della variante si conosce ancora molto poco» e, quindi, «desta molta preoccupazione».
Tant'è che ieri, nel tardo pomeriggio, il premier britannico Boris Johnson è stato costretto ad indire una conferenza stampa per smentire - ma solo in parte - le voci sempre più insistenti sul possibile stop alle riaperture previste da lunedì prossimo, il 17 maggio. Ovvero quelle delle sale interne di pub e ristoranti, eventi al coperto (al 50% della capienza) o anche attività sportive indoor. I timori però, sono tanti perché la situazione è in rapida evoluzione. Così non solo il premier ha rimesso sul tavolo la carta dei «lockdown locali» ma ha anche annunciato di guardare con preoccupazione al liberi tutti previsto per il prossimo mese. Se non sono a rischio le riaperture di maggio in pratica, lo sono quelle di giugno. A rischio, ha spiegato BoJo, c'è la cosiddetta fase 4, cioè la riapertura definitiva del Paese prevista dal governo di Sua Maestà a partire dal 21 giugno.
SCELTE DIFFICILI
Ma andiamo con ordine. I timori ci sono, ma si sa ancora troppo poco della variante indiana (che intanto in Asia ha raggiunto un bilancio di 24 milioni di contagi e 4.000 morti) per urlare alla catastrofe. Per questo l'inquilino di Downing Street non ha nascosto che se la variante in questione dovesse rivelarsi alla fine «significativamente più trasmissibile» degli altri ceppi, il Paese si troverebbe di fronte a «scelte difficili da fare» prima di giugno.
Il governo, ha avvertito, in quel caso sarebbe pronto ad agire «con rapidità» e a prendere «tutte le misure necessarie». «La buona notizia», ha precisato BoJo, è che «non ci sono evidenze di una maggiore resistenza di questa mutazione ai vaccini» disponibili; non senza aggiungere tuttavia che per provare ad allontanare lo spettro di nuove frenate o restrizioni draconiane la popolazione dovrà esercitare «cautela» e «buon senso» in questa fase: in particolare nelle città più a rischio.
CONTAGI E VACCINI
I numeri del contagio nel Regno restano al momento ancora ai minimi europei, con solo una persona infettata ogni 1400, decessi quotidiani 10 volte inferiori all'Italia, e appena 1000 ricoveri ospedalieri in tutti i reparti dell'Isola.
E a ritmo spedito procedono anche le vaccinazioni, ormai arrivate a quota 55,5 milioni, con 39,1 milioni di prime dosi e 19,4 di richiami. Ma come ha ammesso ieri il professor Chris Whitty, chief medical officer dell'Inghilterra presente in conferenza stampa, la variabile indiana è comunque un elemento di «preoccupazione» e di «angoscia», non più di semplice «attenzione».
Al punto che si è anche già deciso di intervenire proprio sulla campagna vaccinale. BoJo infatti, non solo ha annunciato un'accelerazione delle prime dosi con l'allargamento della campagna agli over 40, quanto soprattutto la decisione di accorciare i tempi di attesa per i richiami. Dalle 12 settimane previste per la seconda dose di AstraZeneca, da oggi in poi si passerà ad otto. Da tre a due mesi quindi. In controtendenza rispetto a quanto fatto ad esempio in Italia non solo con il vaccino anglo-svedese ma anche con le seconde dosi dei vaccini ad mRna Pfizer e Moderna.
Presto ovviamente per ripensare ad una nuova modifica. Ma in ogni caso l'allerta per la variante è condivisa, sebbene in dimensione ad oggi minore, con vari Paesi dell'Europa continentale.
Francesco Malfetano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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