IL CASO
BRUXELLES Prima del caso Polonia, con la parola d'ordine «ricucire»,

Venerdì 22 Ottobre 2021
IL CASO
BRUXELLES Prima del caso Polonia, con la parola d'ordine «ricucire», al Consiglio europeo è andato in scena un acceso confronto sull'allarme caro-energia. Se n'è parlato per oltre quattro ore, al termine delle quali l'intesa era ancora un miraggio. Il caro-gas ha infiammato lo scontro tra nord e sud Europa: Italia, Francia, Spagna e Grecia sono andate nuovamente in pressing per la creazione di una centrale di acquisti e scorte comuni, sull'esempio di quanto fatto con i vaccini. Opzione osteggiata dai frugali, spalleggiati dalla Germania, che insistono su misure di breve termine e di natura nazionale.
Una partita, questa, che si intreccia a un'altra partita, quella che riguarda la cosiddetta tassonomia: si tratta della classificazione delle fonti energetiche pro clima destinata a stabilire un ranking degli investimenti ai fini dell'informazione per gli investitori finanziari. Di tutto questo hanno parlato ieri i capi di Stato e di governo. E ne ha parlato anche il premier Mario Draghi, che ha chiesto alla Commissione europea «maggiore ambizione e maggiore velocità di decisione anche sulla tassonomia». Entro fine anno Bruxelles deve infatti decidere se farvi rientrare il gas naturale e il nucleare. È necessario, è stato il ragionamento di Draghi secondo quanto risulta, tenere conto del ruolo del gas come fonte energetica per la transizione, per il riconoscimento del quale si batte l'Italia.
Sul fronte Polonia, i leader hanno provato a far tornare il sereno dopo la tempesta scatenatasi fra Ue e Varsavia. L'escalation era cominciata con le scintille tra Ursula von der Leyen e il premier polacco Morawiecki, e proseguita con la decisione del Parlamento di far causa alla Commissione per non aver ancora attivato il meccanismo che congela i fondi in caso di violazioni dello stato di diritto.
Regista della mediazione è stata, ancora una volta, Angela Merkel: giunta a quello che con buone probabilità sarà il suo ultimo vertice, la cancelliera è stata omaggiata da tutti gli altri leader e pure da una foto ricordo che s'è materializzata nell'agenda dei lavori a ora di cena. «Un fiume di ricorsi davanti alla Corte di Giustizia non è la soluzione al problema del rispetto dello stato di diritto. Dobbiamo trovare un punto d'accordo». Per Merkel, il faccia a faccia tra Bruxelles e Varsavia non sarebbe un problema isolato dei polacchi, «ma parte di un dibattito più ampio», che riguarda quanto e in che termini gli Stati vogliono cedere porzioni della loro sovranità all'Europa (pure i falchi della Corte costituzionale tedesca hanno in più di un'occasione messo in dubbio la legittimità dei programmi di acquisto di bond della Bce, ad esempio).
Anche il premier polacco è arrivato sventolando un ramoscello d'ulivo. Rimane l'asprezza nei toni («Non ci piegheremo alla pressione del ricatto»), ma Morawiecki si è detto pronto a trattare: «Non siamo d'accordo con la costante espansione delle competenze Ue, ma è fuori discussione che dialogheremo per risolvere la disputa». Un possibile compromesso per appianare le tensioni, dicono a Bruxelles, sarebbe la chiusura del tribunale disciplinare polacco, l'organo nominato dalla politica con il potere di sanzionare i giudici. Il dibattito sullo stato di diritto e l'indipendenza della magistratura in Polonia si è svolto a porte chiuse e pure senza rendiconto dettagliato per evitare di dare eco agli strali fra i leader, ma ci hanno pensato l'olandese Rutte e l'ungherese Orbán ad accendere lo scontro, poco prima dell'inizio: il primo ha invocato fermezza e detto no all'esborso dei pagamenti del Recovery Fund finché la Polonia non avrà corretto il tiro, mentre per il secondo «contro Varsavia è in atto una caccia alle streghe». Agli altri big il compito di stemperare gli animi, dalla Spagna («Bisogna essere costruttivi», ha avvertito il premier Sánchez) all'Italia («Aperti a un dialogo a partire dalla difesa di principi e valori europei», ha twittato il sottosegretario agli Affari Ue Enzo Amendola, a Bruxelles insieme al premier Mario Draghi). «Tagliare le risorse alla Polonia dev'essere l'extrema ratio», ha aggiunto il lussemburghese Xavier Bettel.
Gabriele Rosana
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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