IL CARROCCIO
dal nostro inviato
VILLORBA (TREVISO) La vecchia bandiera con

Martedì 6 Marzo 2018
IL CARROCCIO
dal nostro inviato
VILLORBA (TREVISO) La vecchia bandiera con il Nord sta sullo sfondo, avviluppata su stessa. Ora infatti sono altri i vessilli attraverso cui deve sventolare l'orgoglio leghista: da Schiavi dell'Europa? No grazie a Idee, cuore, coraggio, adesso l'imperativo è Salvini premier, tanto che per venerdì gli eletti del Carroccio sono stati tutti convocati a Milano a cospetto del leader federale. Ma per un giorno dovrebbe essere qui la festa, al K3 di Villorba alle porte di Treviso, storica sede di «un partito territoriale che Matteo ha trasformato in partito nazionale» (come dice il capo veneto Gianantonio Da Re) e che per questo deve sentire «una grande responsabilità soprattutto sull'autonomia» (come sottolinea il governatore Luca Zaia), al punto che il 32% tanto entusiasma e altrettanto preoccupa i vertici della Lega.
POLEMICHE E PROBLEMI
Altrimenti non si spiegherebbe perché Da Re, in questa «giornata da incorniciare» per un Veneto che si scopre «la regione a più alta densità leghista», evochi ripetutamente «polemiche» e «problemi». La campagna elettorale? «Un mese e mezzo per me molto difficile, le polemiche erano giuste, anche se chi è rimasto fuori lo è stato solo per l'abbondanza di candidati». La sfida interna con Forza Italia, peraltro (stra)vinta dal Carroccio? «Non guardo in casa d'altri, ho già i miei problemi». I malumori di alcuni consiglieri regionali nei confronti di certi deputati e senatori di primo pelo? «Al di là delle giuste polemiche, i due gruppi devono fare sintesi». Il crollo del Partito Democratico, anche in chiave Comunali? «Si arrangino tra di loro, perché noi facciamo già fatica tra di noi, con i nostri problemi». Serve allora un po' dello spirito di rivalsa del presidente del partito Massimo Bitonci, che aspettava questo momento dalla congiura azzurra che ne decretò la caduta da sindaco di Padova, per pungere alleati esterni e avversari interni: «Siamo contenti perché la Lega triplica i suoi consensi, anche rispetto ai nostri co-inquilini, che hanno preso molti meno voti di noi. E Da Re, caso più unico che raro di un segretario che non si è neppure candidato, ha avuto ragione nel tenere il pugno saldo, pur ascoltando tutti, e sottolineo tutti, i provinciali».
INCARICHI E REFERENDUM
A proposito di segretari, più di qualche leghista sarebbe pronto a far valere lo statuto della Liga Veneta, per contestare il doppio incarico nel partito e in parlamento di nuovi eletti come il veneziano Sergio Vallotto, il veronese Paolo Paternoster, il padovano Andrea Ostellari, il vicentino Erik Pretto e il trevigiano Dimitri Coin, che attualmente è pure consigliere di amministrazione di Ascopiave (se n'è parlato in direttivo). «Deciderà Salvini», dice Da Re, anche se il candidato premier ha ben altre priorità a cui pensare. «Non ci avventuriamo ad ipotizzare alleanze si chiama fuori Zaia perché tutto è in mano a Matteo ed è giusto che il mandato esplorativo per il nuovo governo venga dato a lui. Io a Palazzo Chigi? La partita dell'autonomia è troppo importante, per questo ricordo ai nostri parlamentari che 2.273.985 veneti hanno votato sì al referendum: voi siete gli ambasciatori di questa stagione delle riforme». Concorda Da Re: «Vi chiedo un atto di fedeltà, fate i veneti». Gian Paolo Gobbo, «il padre politico» che l'ha sempre vista lunga, non esclude alleanze di scopo: «Si possono accomunare determinati programmi, per esempio l'autonomia». Ma giusto per stroncare ogni dubbio sull'allergia dei leghisti veneti per gli accordi con il Movimento 5 Stelle, valga la battuta di Da Re sul reddito di cittadinanza: «Dare soldi a qualcuno per non fare niente? Quel disoccupato non cercherà mai un lavoro, ma piuttosto un ombreòn in spiaja». Ed è sull'immagine di quell'ombrellone in spiaggia che, alla fine, la Lega ritrova un po' del suo Nord.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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