«I neonazi volevano colpire me» Ma la Digos non conferma Matteo

Mercoledì 17 Luglio 2019
«I neonazi volevano colpire me» Ma la Digos non conferma Matteo
L'INCHIESTA
ROMA Una confidenza arrivata da un ex agente del Kgb alla Questura di Torino. «I nazionalisti ucraini stanno preparando un attentato contro Matteo Salvini», ha dichiarato la spia fuori ruolo nel luglio dello scorso anno ai poliziotti. Sulla base di queste rivelazioni sono scattate le indagini e, almeno per il momento, nessun riscontro a quella minaccia è stato trovato, anche se gli uomini della Digos, nel corso degli accertamenti, si sono imbattuti in una telefonata sospetta che ha portato all'avvio di un secondo filone di inchiesta, quello che ha fatto scoprire le armi da guerra e arrestare tre persone. La chiamata era avvenuta tra un uomo che vive a Bologna, non indagato, e un terzo soggetto (anch'egli estraneo all'indagine) che gli aveva proposto l'acquisto di un missile aria-aria Matra di fabbricazione francese. Da qui l'operazione di due giorni fa che ha portato al recupero dell'arsenale dell'ultradestra.
IL GRUPPO UCRAINO
Ieri il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha confermato anche lui la rivelazione: «Era una delle tante minacce di morte che mi arrivano ogni giorno - ha chiarito - I servizi segreti parlavano di un gruppo ucraino che attentava alla mia vita. Sono contento che sia servito a scoprire l'arsenale di qualche demente. Penso di non aver mai fatto niente di male agli ucraini. Non conosco filonazisti». E ha aggiunto: «Alla fine chi ha rivelato questa cosa del missile non era un matto né un mitomane e quindi mi fa piacere che la minaccia nei miei confronti sia servita a beccare filo-nazisti, filo-comunisti o filo chiunque».
Digos e procura, una volta accertato tramite l'intelligence che l'ex Kgb era davvero chi diceva di essere, hanno orientato l'indagine verso il monitoraggio nel mondo dell'estrema destra e su un gruppo di italiani (piemontesi e valdostani) che avevano combattuto insieme al Battaglione Azov, formazione ucraina che si batte contro i separatisti filo-russi nella regione del Donbass. Ed è emerso che uno di loro aveva ricevuto da un sedicente esperto d'armi la proposta di acquistare un missile. E questo ha permesso agli investigatori di imboccare la pista che, nei giorni scorsi, è sfociata nell'hangar del Pavese dove era custodito un Matra di fabbricazione francese in uso alle forze armate del Qatar.
Dalle indagine è emerso che a condurre la trattativa era stato Fabio Del Bergiolo, ex funzionario doganale, candidato al Senato nel 2001 per Forza Nuova nel collegio di Gallarate. L'uomo è stato arrestato e nella sua abitazione è stato trovato un vero e proprio arsenale. Ai domiciliari sono finiti due complici, fermati a Forlì. Un bolognese è indagato a piede libero: Del Bergiolo lo ha incontrato durante una fiera a Norimberga e gli ha chiesto se conoscesse qualcuno nel Donbass interessato al missile. Il presunto trafficante, peraltro, aveva anche preso contatti con un funzionario di un Paese straniero, che ha declinato l'offerta.
Mentre l'esercito continua a inventariare ed esaminare il materiale recuperato nel Pavese (accanto al missile erano accatastati numerosi scatoloni), il Qatar ha offerto «piena e totale collaborazione» all'Italia, anche perché c'è ancora da capire in che modo un missile della loro dotazione sia finito nelle mani di soggetti dell'estrema destra. Le autorità di Doha hanno fornito le prime indicazioni, sulle quali sono in corso accertamenti.
ODIAVA I MIGRANTI
Di certo si sa che Del Bergiolo passava il tempo a odiare i migranti, almeno secondo il racconto dei vicini di casa. E che di recente, per Pasqua aveva mandato in giro delle foto di donne nude vestite da naziste. Nella sua camera c'era un grande crocifisso sopra al letto, sulla destra una foto di Adolf Hitler con Benito Mussolini.
Cristiana Mangani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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