Una redde rationem a mezzo stampa con i vecchi amici che nel 2016 lo tradirono, passando dall'altra parte della barricata nella battaglia del referendum sulla Brexit. David Cameron - che da premier quel referendum volle, salvo uscirne battuto e costretto ad abbandonare governo e politica - presenta un nuovo capitolo delle sue memorie regolando i conti in particolare con Johnson e Gove. Ad entrambi - oggi rispettivamente primo ministro e ministro addetto ai preparativi di un'ipotetica Brexit no deal - contesta in un'intervista al Times di essersi comportati «in modo orribile» nella campagna referendaria «facendo a pezzi il governo di cui erano parte». In quella sfida «Boris e Michael lasciarono a casa la verità», accusa Cameron. La loro fu una campagna «più eccitante» ed «emotiva», ma quella pro Remain era più solida dal punto di vista «tecnico ed economico». Pur augurando a comunque «successo» a Boris, non manca di criticarne le scelte più controverse: dalla sospensione del Parlamento all'espulsione dalle file Tory dei 21 dissidenti moderati. E sulla Brexit con no deal sottolinea: «Pessima idea».
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