Gli ultimi appelli polemiche e denunce

Sabato 21 Ottobre 2017
LA GIORNATA
VENEZIA Tra appelli al voto o all'astensionismo, blitz delle tute bianche, girandole di incontri e promesse di denunce, è calato il sipario sulla campagna elettorale referendaria. Sulla chiamata alle urne dei veneti e dei lombardi per chiedere maggiore autonomia sono intervenuti anche esponenti del Governo, infiammando così ulteriormente il confronto.
«NON È VENEXIT»
A scaldare gli animi ci ha pensato il ministro Maurizio Martina, nonché vicesegretario nazionale del Pd, secondo il quale chiedere il residuo fiscale - cioè la differenza delle tasse pagate e quanto viene restituito sul territorio - come vorrebbero fare Veneto e Lombardia comporterebbe un «rischio catalano». «Se uno pone la questione del residuo fiscale - ha detto Martina - sostanzialmente si avvia verso una versione quasi secessionista». Per il numero due del Pd, non si può mettere a rischio «la coesione nazionale». Secca la replica del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: «Non vogliamo uscire da niente e da nessuno, il referendum è nell'ambito dell'unità nazionale. Se vince il sì, inizia un percorso di trattativa, a differenza di quello che sta succedendo fra Madrid e Barcellona». Il timore, però, è l'affluenza alle urne. «Se la gente sta a casa - ha detto Salvini - vuol dire che l'autonomia interessa poco, ne prenderemo atto e continueremo a lavorare come sempre. Se la gente va a votare, vuol dire che abbiamo il mandato per andare a trattare con il governo». Per il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, una vittoria del no «sarebbe peggio di una sconfitta nel derby, peggio di un Milan-Inter in cui vince l'Inter».
RISCATTO
A garantire che si è rispettosi della Costituzione è stato il governatore del Veneto, Luca Zaia: «Ma bisogna dare più Stato per chi vuole più Stato, come la Sicilia che non riesce a incassare 52 miliardi di tasse, e meno Stato dove ci vuole meno Stato - ha detto a Radio 24 - La gestione di questo paese è stata una gestione centralista e assistenzialista che ha devastato i conti pubblici. E quindi fanno paura i veneti che vanno al voto. Sa perché? Perché quei mezzadri veneti che per Roma hanno l'anello al naso, non ci stanno più con l'anello al naso. È l'ora del riscatto dei veneti». Un riscatto ben più consistente di quello avanzato dall'Emilia Romagna: mentre la regione governata dal dem Stefano Bonaccini ha chiesto a Roma la competenza su sette materie, tante quante ne prevedeva la riforma centralista di Matteo Renzi bocciata un anno fa, il Veneto vuole portarsi a casa tutte le materie degli articoli 116 e 117 della Costituzione: 23 competenze.
APPELLI E MINACCE
Appelli al sì sono arrivati dall'Ance del Veneto: «Una scelta responsabile che può garantire le risorse necessarie per la sicurezza e l'infrastrutturazione del territorio», ha detto il presidente dei costruttori, Giovanni Salmistrari. Per il sì anche i parlamentari e consiglieri regionali del M5s Veneto che ieri ha diffuso una nota evitando però di mettere i nomi (anche perché non tutti sono favorevoli): «Domenica tutti a votare per superare il quorum, così avremo peso maggiore al tavolo delle trattative con Roma». E c'è anche chi annuncia carte bollate: Roberto Agirmo di Grande Nord ha detto che saranno denunciati i movimenti, le associazioni e i singoli con cariche istituzionali che hanno promosso l'astensione sostenendo che è «propaganda illegale». A Treviso, intanto, sono comparsi i fumogeni: le tute bianche del collettivo Django ieri pomeriggio hanno fatto un blitz alla festa della Lega strappando bandiere e attaccando manifesti.
AGENTI AI SEGGI
Risolta la partecipazione al voto degli agenti impegnati a garantire l'ordine pubblico nei seggi. Ieri la Regione Veneto ha emanato una circolare con la quale si dispone che gli agenti potranno votare nel seggio dover prestano servizio presentando una semplice autocertificazione. La disposizione iniziale prevedeva invece macchinose richieste al sindaco con notifiche e posta elettronica certificata. Non si placa, invece, la protesta per la richiesta del ministero dell'Interno alla Regione di pagare - 2 milioni di euro il Veneto, 3,5 milioni la Lombardia - l'ordine pubblico. «Un atto di arroganza imbarazzante», ha detto Salvini. «Allora paghino le spese anche le società di calcio», ha tuonato il segretario dell'Ugl Mauro Armelao, che ha pure contestato la previsione dei pasti conteggiati a Palazzo Balbi: 4 a testa per ciascun agente anziché 3.
Al.Va.
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