Giustizia, ultimatum di Draghi: «Accordo o conta»

Giovedì 29 Luglio 2021
ROMA È bastato l'ultimatum di Mario Draghi per calmare le acque nella maggioranza sulla riforma del processo penale. O si trova l'accordo tra le forze politiche in Parlamento o si va in Aula col testo uscito dal Consiglio dei ministri, la linea del premier. Il Capo dell'esecutivo ha chiesto responsabilità ai partiti della maggioranza. Ed è riuscito ad avere la sponda del leader della Lega Salvini incontrato di primo mattino a palazzo Chigi e che in serata ha certificato quale potrebbe essere il punto di caduta. «E' giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia, ma per la Lega è altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo».
In pratica i 5Stelle rivendicherebbero di essere riusciti ad imporre lo stop alla improcedibilità per i processi di mafia e terrorismo (ma si chiede anche un allargamento agli eco-reati) mentre la Lega si intesterebbe la mediazione e la difesa delle battaglie da sempre identitarie per il partito di via Bellerio. In realtà l'intesa ancora non è stata siglata, anche se è lo stesso presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, il pentastellato Perantoni a parlare di «sintesi vicina». FI non nasconde l'irritazione per le aperture della Lega: «Se si va in questa direzione non lo votiamo». E anche il Pd punta su tempi certi per i processi, con la possibilità di arrivare a quattro anni (e non due) per l'Appello e a due per la Cassazione per i reati di mafia. La Cartabia ieri è tornata a palazzo Chigi per valutare le ipotesi sul tavolo.
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