Giudice omicida sogna la fuga in Italia grazie alla moglie miss

Sabato 26 Gennaio 2019
LA STORIA
Il presidente della Corte Suprema venezuelana sogna di fuggirsene in Italia con la sua compagna, una ex Miss Venezuela. Maikel Moreno, autorità massima del Tribunal Supremo de Justicia del Venezuela, pochi giorni fa ha giurato lealtà a Nicolas Maduro ed è stato colui che gli ha consegnato la fascia presidenziale nel giuramento di gennaio, definito «una farsa» dall'opposizione.
LA SMOBILITAZIONE
In Venezuela c'è aria di smobilitazione - o perlomeno di cambiamenti - e il giudice, condannato per omicidio nel 1987 e accusato nel 1989, potrebbe ripensare alla sua vecchia idea di chiedere la cittadinanza italiana. La potrebbe ottenere grazie alle origini della moglie Debora Menicucci, di 26 anni più giovane. Al momento, però, la sua richiesta è congelata dalle sanzioni imposte dall'Unione Europea ai vertici del chavismo. Moreno non può entrare in Italia, ma potrebbe farlo se la trattativa per l'amnistia con l'opposizione andasse in porto. «È un assassino, è imputato per omicidio. La sua richiesta era illegittima e per fortuna siamo riusciti a fermarla presentando il caso alle autorità italiane», spiega Lester Toledo, responsabile internazionale di Voluntad Popular, lo stesso partito di Juan Guaidó. «Adesso potrebbe scappare solo in paesi come Bolivia, Nicaragua, Cuba, Turchia e Russia, dove ancora riconoscono il governo dell'usurpatore», aggiunge Toledo, facendo riferimento allo stretto legame fra Moreno e lo stesso Maduro. Moreno, 53 anni, ha una carriera che non corrisponde esattamente a quella di un tranquillo presidente della Corte Suprema.
Ex agente dei servizi segreti, nel 1987, Moreno ha passato due anni in carcere per l'omicidio di una donna nel sud del Venezuela, nello stato di Bolívar. Nel 1989, poco dopo essere uscito dal carcere usufruendo di diversi benefici, è stato accusato di aver preso parte all'omicidio di Rubén Gil Márquez, uno studente di 19 anni. Non ha scontato una pena ulteriore, ma è stato sollevato dall'incarico di ufficiale della sicurezza. Dopo aver abbandonato la carriera nei servizi, Moreno ha intrapreso quella nella giustizia. Per un periodo è stato Pubblico Ministero e si è lentamente avvicinato al potere quando c'era ancora Hugo Chavez. Nel 2007, in seguito a una sospensione della Corte Suprema, è stato inviato come funzionario a Roma da Caracas. La sua fedeltà al regime ha pagato. Oggi è colui che batte il martello sul futuro dei dissidenti, nonostante gran parte della comunità internazionale non riconosca la legittimità delle decisioni prese dal suo tribunale.
L'OPPOSIZIONE
«Sono un deputato eletto dal mio popolo. Nonostante avessi l'impunità parlamentare, mi sono venuti a prendere a casa accusandomi di crimini ridicoli come il finanziamento al terrorismo. Per questo, dal mio esilio, informo la comunità internazionale su ciò che succede in Venezuela. Se adesso tornassi nel Paese non rischierei solo la libertà, ma anche la vita», chiarisce Toledo, una delle vittime politiche dell'esilio. A Leopoldo Lopez, volto storico dell'opposizione, è andata peggio: Moreno l'ha condannato a 14 anni di detenzione per i disordini scaturiti nel corso delle proteste del 2014.
A.Sp.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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