Giorgetti non va: «È il mio compleanno...» Ma i nuovi numeri portano la sua firma

Lunedì 17 Dicembre 2018
Giorgetti non va: «È il mio compleanno...» Ma i nuovi numeri portano la sua firma
IL PERSONAGGIO
ROMA Mai compleanno fu più utile a Giancarlo Giorgetti come quello di ieri. 52 candeline spente con gioia in provincia di Varese mentre a Roma si dava il via libera ad una manovra scritta a Bruxelles e rimpatriata dal ministro dell'Economia Tria e dai tecnici del Mef. «Il più è fatto» deve aver pensato il sottosegretario dopo giorni passati a rassicurare finanzieri, investitori e imprenditori di quel Nord che «non tradiremo mai».
Bene quindi - soprattutto per lui - l'intesa con l'Europa e la correzione dei «numerini». E così ieri sera Giorgetti ha lasciato a Salvini e al sottosegretario Garavaglia l'onere di confrontarsi con Di Maio e la Castelli, dopo giorni trascorsi a sostenere il ministro Tria e i tecnici del Mef dagli affondi grillini e l'ultima bordata di ieri l'atro sul Reddito che andrebbe «all'Italia (fannullona ndr) che non ci piace».
IL VENTO
Non una presa di distanza, quella di ieri sera, perché di Giorgetti è noto il low profile come la capacità di intuire dove gira il vento del Nord, ma non solo. E così, forse anche per non infierire sulla pattuglia grillina, il sottosegretario ha marcato visita. D'altra parte il giorno dopo la festa sul balcone per il 2,4% fu proprio Giorgetti a bastonare quella sceneggiata notturna nel merito e nel metodo: «La manovra può cambiare» e, tanto per esser chiari, «non era il caso di festeggiare», disse allora a Repubblica. Ancora una volta il fiuto gli ha dato ragione, così come le competenze messe insieme in anni da deputato prima della Lega di Bossi, poi di Maroni e ora di Salvini. La manovra è cambiata perché qualche settimana fa fu lo stesso Giorgetti a dire al Messaggero che «se c'è una curva bisogna alzare il piede dall'acceleratore». Più che una curva davanti al governo si è parato un burrone e anche stavolta Giorgetti lo aveva visto prima degli altri che con lo spread a trecento continuavano a dire che «il 2,4 non si tocca».
Il problema è che nei giorni passati, mentre Salvini duellava con i Commissari Ue e con l'alleato, a squillare era solo il telefono del sottosegretario. Oberato dai problemi da gestire a palazzo Chigi, schiacciato da mediazioni impossibili, con il tavolo occupato da questioni spesso frutto delle palesi incompetenze dei colleghi in grisaglia ministeriale, l'ormai ex schivo sottosegretario ha trovato il tempo per andare in tv e dimostrare che non c'è solo la Lega movimentista di Salvini ma anche quella di Giorgetti. Rivoluzione e realismo contabile. Due facce della stessa medaglia. Due leader impegnati nella stessa partita L'uno pronto a difendere la «manovra del popolo», l'altro impegnato a spiegare ai suoi interlocutori europei che «il M5S non è il diavolo» e che «alla fine l'accordo con la Ue si farà». Così è accaduto giovedì scorso e ieri sera Giorgetti deve aver considerata conclusa la sua missione da saggio, qualifica che nel 2013 gli conferì Giorgio Napolitano e che il bocconiano si tiene stretta perché, dopo la retromarcia di ieri sera non è detto che questo governo spenga candeline.
Ma. Con.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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