Genoa, il caso finti negativi adesso i tamponi dividono «Questa è una Waterloo»

Mercoledì 30 Settembre 2020
IL CASO
ROMA C'è chi parla di un'anomalia, chi di un caso di specie. Di un focolaio che non solo getta ombre sul campionato di serie A, ma divide gli scienziati che da mesi rincorrono tesi, antitesi e pazienti per certezze sul Covid 19. I 14 calciatori del Genoa positivi al virus, nonostante la negatività del primo e, in alcuni casi anche del secondo tampone, scatenano il dibattito sulla efficacia del test medico, ma soprattutto aprono un fronte che genera grande preoccupazione nel Governo, visto che - a detta di molti studiosi - l'unico vero rimedio contro la diffusione di Sar-Cov-2 sarebbe l'isolamento, la quarantena, il vero distanziamento da tutto. Insomma, una sorta di lockdown del quale la politica non vuole proprio sentirne parlare.
I TIMORI
«Gli effetti della ripresa della scuola li vedremo tra due settimane - interviene sull'argomento il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri -, ci saranno sicuramente dei focolai, in realtà già ce ne sono, è la nuova normalità. Io sono più preoccupato dai controlli di questi focolai, dalla potenza di fuoco diagnostica attraverso tamponi o test salivari affinché si possa confinare il virus là dove viene trovato. E sono ancora più preoccupato dalle quarantene perché rischiamo che quando troviamo un ragazzo positivo questo voglia dire far finire in isolamento un discreto numero di persone. E poi può succedere che con la concomitanza della sindrome influenzale l'Italia possa fermarsi non per il lockdown ma per la moltiplicazione delle quarantene».
Riguardo al calcio e alla precisione delle analisi, quello che è emerso è certamente anomalo: delle 14 positività del Genoa calcio, 10 sono venute fuori al terzo tampone effettuato a 36 ore dal secondo. Errore di protocollo, errore di laboratorio, o eccezione che conferma la regola? «Che un intero gruppo si positivizzi a distanza di pochi giorni dal precedente test, è qualche cosa che, finché non la vedo confermata, mi lascia dubbioso», dichiara Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano. «È la Waterloo dei tamponi», il giudizio più netto di Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del San Matteo di Genova. «No, i tamponi sono test di golden standard a livello internazionale», frena Carlo Tranquilli, medico sportivo ex degli azzurri olimpici e del calcio, che ha collaborato alla stesura dei protocolli Figc. Aggiunge però: «In realtà, tocchiamo con mano i limiti di un test non infallibile: non a caso le Asl spesso chiedono un secondo tampone a 48-72 ore».
È nella scansione oraria che potrebbe trovar soluzione il giallo dei falsi negativi tra i giocatori scesi in campo a Napoli. Con una risposta anche ai dubbi sui protocolli della serie A, per il quale il virologo Andrea Crisanti chiede la reintroduzione della quarantena. Perché la convinzione di chi ha combattuto il Covid in prima linea è che i tamponi siano precisi, ma solo come fotografia dell'attimo, e l'unica soluzione vera sia l'autoisolamento. «Siamo certi che tutti i giocatori saliti sull'aereo per Napoli fossero negativi», ha assicurato il dg del Genoa.
LA RICOSTRUZIONE
I fatti: Perin febbricitante il venerdì sera attiva la procedura al club rossoblù, con la positività il sabato mattina e un primo giro di tamponi a tutta la squadra. In serata le negatività, il dubbio su Schone, un tampone rapido personalizzato, la positività (lieve, secondo fonti del club), un secondo giro di test, le negatività domenica mattina, la partenza per Napoli. Al ritorno lunedì mattina l'avviso dell'Asl genovese: serve un altro test. Ed è in questa occasione che emergono gli altri 12 casi. Il protocollo Figc, ha accertato la Procura sportiva, è stato rispettato. Quello attuale prevede tamponi ogni 4 giorni, e in caso di positività isolamento del contagiato e nuovi controlli, con tamponi nel giorno dell'incontro. Il protocollo light, annunciato ma non ancora in vigore, prevede invece solo un tampone a 48 ore dalla partita.
ESITI SBAGLIATI
Insomma, il caso Genoa sarebbe la tempesta perfetta di una procedura giusta, ma con esiti sbagliati. «Il calcio - spiega ancora Tranquilli - ha messo in atto la miglior rete di protezione possibile per il campionato e le sue scadenze. Il problema è che a poche ore da un contagio, la carica virale può esser così bassa da non esser rilevata dal test molecolare. Aspettiamo i risultati dei tamponi di Napoli: trovare contagi da partita sarebbe una scoperta scientifica». Oltre che un colpo al campionato e ai suoi protocolli.
Cristiana Mangani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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