Draghi: «Tassi bassi per rilanciare l'Ue» E Trump lo attacca

Mercoledì 19 Giugno 2019
LO SCONTRO
New York Donald Trump accusa, a torto, Mario Draghi di concorrenza sleale nella politica monetaria e il governatore della Bce risponde a tono: «Noi non prendiamo di mira i valori di cambio tra le monete con i nostri interventi». Il botta e risposta, velato e anonimo nelle parole di Draghi, diretto e aggressivo da parte del presidente degli Usa, si è aperto con l'intervento del numero uno della Banca centrale europea al forum portoghese a Sintra, convocato per rassicurare i mercati sulla capacità dell'istituto di assistere le economie comunitarie anche di fronte all'attuale rallentamento della crescita. «In assenza di un miglioramento che permetta di allineare l'inflazione ai nostri parametri di riferimento ha detto il governatore ci sarà bisogno di nuove iniziative di stimolo, che coinvolgerebbero tutti gli strumenti a nostra disposizione. Tra questi ci sono ulteriori tagli ai tassi, e un programma di acquisto di asset che ha ancora un considerevole spazio di espansione». Insomma, Draghi ricarica il bazooka.
I MERCATI
Le sue frasi hanno trasmesso una scossa alle Borse europee, con gli indici azionari in salita, lo spread in calo a quota 242, e il dollaro che si è rafforzato di qualche punto sull'euro, mentre si diffondeva l'dea che un taglio degli interessi sull'euro possa arrivare già nella prossima riunione di luglio. Donald Trump ha appreso la notizia di prima mattina e ha immediatamente risposto su Twitter: «E' davvero sleale per gli Usa». Da qui l'ultima replica di Draghi, che esclude intenzioni punitive nei confronti del dollaro nelle sue scelte. Ma era davvero Draghi il bersaglio del twitter del presidente degli Usa? C'è da sospettare piuttosto che l'invettiva fosse destinata al direttore della Fed Jerome Powell, che da mesi difende a debita distanza da, Donald Trump l'indipendenza della Banca centrale degli Usa dalle ingerenze politiche. Il presidente chiede da mesi nuovi interventi di stimolo dell'economia, in particolare un taglio dei tassi per il dollaro che faccia da scudo contro possibili colpi a vuoto della locomotiva del paese. Ci sono segnali latenti di un calo dei profitti industriali in arrivo con la prossima trimestrale, e di un raffreddamento del mercato del lavoro.
I TIMORI
Trump teme che un cambio di direzione in Borsa e nel pil statunitense possa coincidere con la fase di avvio della campagna per la sua rielezione, e chiede fuori dai denti una politica accomodativa da parte della Fed. L'agenzia Bloomberg ha raccontato ieri che lo scorso febbraio, quando Trump ha iniziato a twittare su un possibile licenziamento di Powell, la Casa Bianca ha davvero aperto un'inchiesta per appurare quali fossero i mezzi legali per procedere con la sua sostituzione. La portavoce della Banca centrale Michelle Smith ha precisato ieri che il motivo potrebbe essere uno solo: la giusta causa, ovvero una flagrante inadempienza da parte del direttore. Donald Trump sarebbe arrivato alla stessa conclusione a marzo, quando nel corso di una telefonata avrebbe detto a Powell: «Mi sembra di capire che non ho alternative e devo tenerti al tuo posto». Vedremo in giornata se questa tattica di pressione continua su Powell ha avuto i suoi frutti. Il direttivo della Fed è riunito da ieri in un summit di calendario che fino a qualche settimana fa sembrava destinato a passare con semplice rinvio di ogni decisione alla prossima convocazione di fine luglio.
L'esito della seduta in corso chiarirà se il recente attacco di Donald Trump ha colpito il bersaglio indiretto al vertice della Fed, o se dobbiamo davvero aspettarci prossime manovre punitive nei confronti dell'Unione Europea. Le minacce di dazi in arrivo sul settore automobilistico pendono da anni sull'assemblea di Bruxelles, pronte ad essere attivate se la partita dovesse farsi davvero cruciale per gli interessi dell'amministrazione statunitense.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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