Dietro il balletto di numeri il rischio di contratti precari ancora più corti

Giovedì 19 Luglio 2018
Dietro il balletto di numeri il rischio di contratti precari ancora più corti
IL FOCUS
ROMA Ipotesi. Che si fondano su previsioni di comportamenti futuri. E quindi difficili da stimare. Nella Relazione tecnica al dl Dignità bollinata dalla Ragioneria generale dello Stato, si prende per buona la stima dell'Inps: 8.000 contratti persi all'anno. Un numero che ha gettato nell'arena di polemiche infuocate il presidente dell'istituto di previdenza, Tito Boeri, accusato di essere la manina che rema contro il governo. Quegli 8.000 contratti persi - hanno obiettato i ministri Di Maio e Tria - sono un numero «privo di basi scientifiche». L'Inps lo ha fondato su un'ipotesi di un mancato rinnovo del 10% dei contratti in scadenza. Perché abbia scelto proprio il 10% non è noto. Potrebbe essere il 5 o forse il 15%, forse ancora di più oppure niente.
A ogni modo l'ipotesi si basa sulla previsione di comportamenti. Boeri, dopo gli attacchi del governo, non solo non ha fatto marcia indietro ma ha rincarato la dose: «Le nostre stime sono prudenziali».
L'EFFETTO OPPOSTO
Confindustria lo ha preso in parola e ieri il direttore generale dell'associazione degli imprenditori, Marcella Panucci, in audizione in Parlamento ha consegnato una relazione in cui questo aspetto viene stressato, prevedendo «potenziali effetti negativi sull'occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto». Di quanto? Panucci non si avventura in cifre. Fa un discorso di logica a tutto tondo: il decreto, oltre a ridurre la durata massima consentita per i contratti a termine da 36 a 24 mesi, introduce la necessità delle causali per i rinnovi dei contratti dopo i primi 12 mesi, aumenta il costo del lavoro sia per i contratti a termine (+0,5%) che indirettamente per quelli stabili (con l'aumento degli indennizzi in caso di licenziamento), disincentiva le imprese estere che arrivano in Italia con le norme «punitive» sulle delocalizzazioni. L'effetto finale - è il ragionamento - è altamente probabile che sia depressivo sull'occupazione. «Inoltre - spiega il direttore del centro studi di Confindustria, Andrea Montanino - si deve tenere presente che siamo in un periodo di rallentamento della ripresa economica».
Nella vicenda specifica c'è una difficoltà in più: il database del Ministero del Lavoro sulle comunicazioni obbligatorie, raccoglie i dati sulle accensioni dei contratti a termine, non sui rinnovi e sulle proroghe. Nel 2017 ne sono stati stipulati un numero abnorme: circa nove milioni. Ma in questa cifra ci sono anche quelli di un solo giorno o di una settimana. E poi bisogna togliere dal totale quelli della Pubblica amministrazione, dell'agricoltura, in somministrazione. Al termine di un complesso calcolo - che l'economista Marco Leonardi, ex consigliere economico di Palazzo Chigi, fornirà oggi in audizione in Parlamento - si arriva a una stima di 280.000 contratti a termine che hanno superato i 12 mesi di durata ma non i 24 mesi, e che sono in scadenza. Se invece si seguono i calcoli di Veneto Lavoro, l'unico ente che elabora i dati dell'intera regione con accensioni e rinnovi e proroghe, proiettandoli a livello nazionale la cifra sale a 360.000. Saranno tutti rinnovati o per paura di contenziosi legali sulle causali una parte rimarrà a casa? E in che percentuale? Non lo sa nessuno. Anche perché c'è anche un'altra ipotesi: alcune aziende potrebbero decidere di non rinnovare il contratto a Tizio oltre i primi 12 mesi, ma farne uno nuovo a Caio sotto l'anno (senza causali). Per le statistiche il saldo sarà zero, per Tizio la vita sarà ancora più precaria. L'opposto dei desiderata del governo.
Giusy Franzese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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