Da pensionato a salvatore della patria, i discepoli tornano dal padre rinnegato

Lunedì 19 Agosto 2019
ILPERSONAGGIO
ROMA Il Grillo Tornante. Il passato della rivoluzione, che ha mangiato i suoi i figli, riappare come l'unica stella rimasta del firmamento grillino e prende per mano le anime perse del movimento che non riconosceva più e che ora non può prescindere da lui. Il ritorno in politica di Beppe è un po' la vendetta del comico contro gli eredi infedeli - «Siete diventati solo dei burocrati qualsiasi chiusi nei vostri ministeri», aveva detto - che si sono fatti sbranare dal «barbaro» Salvini ma ora «il barbaro ce lo mastichiamo costola dopo costola e sarà pure più saporito dei grilli fritti che offro nei mie spettacoli». E torna la villa di Marina Bibbona come ombelico della politica italiana.
Torna il padrone di casa che diceva di essere «stanchino» e deluso e ora si gode la processione penitenziale di Di Maio e degli altri che lo avevano pensionato e lo supplicano: «Beppe, dacci la linea». Tornano i video surreali ma neanche tanto e nella nuova messa in scena c'è Grillo che si mette sul viso la maschera di se stesso e fa una finta telefonata a Bossi parlandogli della mossa di Salvini: «Umberto, questa è una pugnalata in agosto al popolo italiano, è come una coltellata alla mamma».
LA RIMOZIONE
Il superamento del fondatore, a cui i grillini si sono dedicati con passione e perfidia («Beppe ormai si occupa di robot che si auto-inseguono, di automobili a empatia cosmica e delle leggi di Asimov e delle attese di Godot») non è avvenuta con la santificazione (quella è riservata a Casaleggio padre) ma con la rimozione. Come simbolo della genuinità perduta e dell'identità tradita, l'ortodosso degli ortodossi andava nascosto e rimosso. E invece, quando la politica diventa un esercizio insormontabile per le sue creature, loro tornano all'ovile della forza comica del comico. E gli chiedono adesso di fare lo statista in questo ennesimo capitolo dell'opera buffa al potere. Se Grillo fosse stato il capo politico del movimento, il governo giallo-verde non sarebbe mai nato. Per varare l'esecutivo rosso-giallo invece è partita la processione di Bibbona e non è un caso che sia avvenuta subito dopo che Prodi ha lanciato il governo di largo respiro fondato su Pd e 5 stelle. Che cosa c'entra il Professore? Grillo a suo tempo aveva lanciato Prodi tra i papabili per il Quirinale. Inviò la Lombardi e Crimi da Rodotà, che era in cima alla lista delle preferenze stellate, per dirgli: «Fai un passo indietro, perché così può partire l'operazione Prodi al Quirinale con i voti del Pd e della sinistra». Rodotà rispose: «Non ci penso proprio». Beppe, come racconta Sandra Zampa nel libro «I tre giorni che sconvolsero il Pd», non la prese bene: «Ah, pensavo che a Roma questi intellettuali fossero tutti amici, e invece...». Tra Prodi e Grillo c'è sempre stata stima. E «la garanzia del Professore per questo nuovo governo per me è decisiva», dice Beppe. Prodi è stato quello che nel 2018, mentre il Pd si negò al dialogo con M5S, propendeva per un'apertura di dialogo.
Già l'8 giugno scorso, a batosta delle Europee appena ricevuta, Di Maio si recò nella villa di Bibbona per chiedere a Grillo di tornare in campo e lui lo gelò: «Non mi rompete le palle». E non è un caso che si torni a Bibbona in questa fase e ci si metta nelle mani del fondatore - «Ma carogne, non chiedetemi di fare il vostro sottosegretario!», ha scherzato con gli ospiti, di cui stima praticamente soltanto Fico, non è in sintonia con il Dibba perché lui vuole il voto per rientrare in Parlamento mentre Di Maio è l'agnello sacrificale del ritorno di Beppe - non solo perché Grillo è quello che nel 2009 chiese, invano, la tessera del Pd. Ma perché sarà pure «né di destra né di sinistra» ma in fondo più di sinistra che di destra. O comunque ha una voglia pazza di non essere più dimenticato in qualche teatro dove non fa più il pienone e il gusto di sentirsi un ayatollah rivoluzionario non gli è passato. Ha trasformato una gag in un movimento, ha sognato di cambiare l'Italia con una fiducia cieca in una divinità assoluta e capricciosa come la Rete, reclutando una setta buffa e scatenando un'onda anomala di fanatici dilettanti e adesso, dopo il tonfo di tante aspettative, deve ricominciare da capo. Con il peso di 70 anni addosso e la responsabilità dell'ennesima acrobazia, in costume rosso-giallo, ad alto rischio di capitombolo.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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