Conte difende i Servizi e tira in ballo Salvini: «Cosa faceva a Mosca?»

Giovedì 24 Ottobre 2019
L'AUDIZIONE
ROMA Due ore mezza di audizione davanti al Copasir che sono servite a spiegare come si sono svolti i fatti. «Ci sono state sulla questione Barr - attacca il premier Giuseppe Conte - ricostruzioni fantasiose che rischiano di gettare ombre sul nostro operato istituzionale». Il presidente del Consiglio ha riferito sugli incontri che il procuratore generale degli Stati Uniti, ha avuto con i nostri servizi segreti in agosto e settembre. E lo ha fatto trincerandosi dietro il potere che gli viene conferito dalla legge 124 del 2007, quella che regola i nostri apparati di sicurezza.
La mini conferenza stampa è anche l'occasione per il premier per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. E in risposta a una domanda che gli viene fatta sul leader della Lega Matteo Salvini che lo aveva contestato duramente, reagisce. «Non ero a quelle riunioni - ha criticato l'ex ministro dell'Interno - Non le avrei mai organizzte».
LA REAZIONE
Da qui, Conte: «Invece di pontificare, Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini con le massime autorità russe, il ministro dell'Interno, il responsabile dell'intelligence russa. Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti. Dovrebbe chiarire se idoneo o no a governare un Paese».
Il riferimento è all'incontro del 18 ottobre 2018 al Metropol Hotel di Mosca tra il presidente dell'Associazione culturale Lombardia Russia e alcuni esponenti delle istituzioni russe. Una vicenda sulla quale è aperta un'inchiesta e che potrebbe avere ulteriori sviluppi a breve. Dura replica di Salvini: «I miei viaggi per le aziende italiane, tutto alla luce del sole». E la Lega: Conte non è lucido e tira in ballo anche il Colle.
Il presidente del Consiglio chiarisce poi che gli incontri avvenuti tra William Barr e i direttori dei nostri servizi segreti sono stati «in piena legalità e correttezza». Che riguardavano un periodo che risale alla primavera del 2016 e che ha escluso comportamenti illeciti della nostra intelligence, «oltre alla totale estraneità». L'occasione serve anche per dire che lui e il presidente Donald Trump «non abbiamo mai citato questa vicenda» e che dice il «falso» chi parla di collegamenti con «il suo tweet di sostegno nei miei confronti» ad agosto. La prima richiesta di informazioni dagli Stati Uniti, nell'ambito dell'inchiesta «preliminare» («se invece era un'inchiesta giudiziaria sarebbe scattato un altro binario, la cooperazione giudiziaria, la rogatoria», precisa Conte) che Barr e il procuratore speciale John Durham stanno conducendo sulle origini del Russiagate, arriva a giugno. Per il tramite dell'ambasciata italiana a Washington, «non a me direttamente. Io non ho mai parlato con Barr», puntualizza. E l'attorney general, rileva, «è anche il responsabile dell'Fbi, che si occupa in particolare di controspionaggio ed agisce anche all'estero».
IL DANNO
«Se ci fossimo rifiutati di sederci al tavolo con loro - ha concluso Conte - avremmo recato danno alla nostra intelligence e ci saremmo macchiati di una grave slealtà nei confronti di un alleato storico».
C. Man.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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