Conte a Macron e Merkel «Sulla neve linee guida Ue»

Martedì 24 Novembre 2020
IL RETROSCENA
ROMA Una strategia c'è. Il premier Conte ha provato a parlarne con gli altri leader europei. Ma Bruxelles, chiamata a battere un colpo con linee guida comuni per la stagione sulle piste da sci in Europa, almeno per ora ha fatto orecchie da mercante. Il punto è che sulla rotta da seguire per la riapertura o lo stop allo sci, si rischia davvero il pasticcio se manca una linea comune tra Paesi Ue.
Il timore dei governatori del Nord, che sostanzialmente hanno in mano quei 9,6 miliardi di giro d'affari, è che se il premier Conte rinvierà tutto a metà gennaio si divideranno le Alpi a metà. A Natale si potrà magari sciare in Svizzera e in Austria, o in Francia mentre pochi chilometri di qua del confine, in Italia, lo scenario potrebbe essere quello da lockdown per gli amanti dello sci e degli sport invernali. Cancellare la stagione natalizia potrebbe essere un duro colpo per l'economia della montagna. Ma soltanto al di qua delle Alpi. E allora serve una strategia comune.
Da giorni per la verità il premier sta lavorando ad una iniziativa europea per prevenire le consuete «vacanze sulla neve» che possono replicare il «liberi tutti dell'estate». Palazzo Chigi, e il premier in prima persona, hanno avviato un'interlocuzione con i principali leader europei. E anche ieri il tema è stato oggetto di riunioni streaming tra i principali Paesi con l'obiettivo di cercare una rotta di coordinamento. Anche Bruxelles è stata interpellata sull'argomento, affinché sia proprio la Commissione europea a dettare delle linee guida, o almeno delle raccomandazioni che orientino i Paesi verso una stratega armonizzata che limiti al massimo i movimenti in ordine sparso. Ma anche eventuali distorsioni della concorrenza all'interno dell'Ue, evidentemente. Del resto sono proprio i governatori del Nord a tirare in ballo il rischio di concorrenza sleale, però finora Bruxelles si è chiamata fuori. E nell'attesa di avere i protocolli studiati dai vari Paesi, non vede distorsioni di sorta. Non è però detto che le pressioni dei leader europei non spingano la Commissione alla fine ad attivarsi.
LE MOSSE DEL PREMIER
«Con Merkel e Macron siamo al lavoro per un protocollo europeo», ha confermato lo stesso Conte. Da parte sua, la Francia deciderà entro i prossimi 10 giorni «puntando ad essere coerenti quanto possibile con i nostri Paesi vicini», ha fatto sapere Palazzo Matignon. Certo, potrebbero bastare degli accordi bilateri a sbrogliare la matassa. Ma un intervento di Bruxelles è considerato un passaggio più che opportuno alla luce dello sforzo comune messo in campo sul fronte economico per contrastare la recessione Ue da Covid-19.
In gioco c'è l'occupazione di 3.000 addetti solo nel settore degli impianti da sci. Per il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, «la chiusura metterebbe a rischio 120 mila posti di lavoro». Da qui la proposta: «La Conferenza delle Regioni ha approvato le linee guida per l'utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte di sciatori amatoriali. È un documento che inviamo al governo come contributo propositivo per non compromettere la stagione sciistica e per non creare un danno irreversibile all'economia della montagna dei nostri territori».
In prima linea Alto Adige, Trentino, Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia per ridare una prospettiva agli operatori del settore. Tra la riduzione della capienza degli impianti e l'introduzione di servizi digitali, si possono mettere paletti simili a quelli del trasporto locale per salvare il funzionamento degli impianti. Perché non «aprire le stazioni sciistiche sul modello austriaco, con impianti di risalita funzionanti ma bar e rifugi sulle piste chiusi o a ingressi contingentati?», insiste il Piemonte. Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher, che nelle scorse settimane ha partecipato a una teleconferenza con ministri e sottosegretari di Austria, Germania e Svizzera, chiede un confronto con il governo e sollecita anche soluzioni intermedie: «Si potrebbero aprire intanto gli impianti per i residenti». Non c'è molto tempo, però, per permettere all'economia della montagna di organizzarsi. E se non arriverà in tempo il protocollo Ue, l'Italia rischia di rimanere indietro.
Roberta Amoruso
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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