Contagi alla caserma Serena la Procura apre un'inchiesta

Domenica 9 Agosto 2020
L'INDAGINE
TREVISO Il maxi focolaio dell'ex caserma Serena finisce sul tavolo della Procura di Treviso. Su iniziativa del pm Giulio Caprarola, dopo aver consultato il procuratore Michele Dalla Costa, è stato infatti aperto un fascicolo per atti relativi, al momento quindi senza iscrizioni nel registro degli indagati né ipotesi di reato, sul caso dei 233 migranti e degli 11 operatori risultati positivi al Covid-19. La terza tornata di tamponi effettuata mercoledì all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo, a cavallo tra i Comuni di Treviso e Casier, a differenza delle attese ha portato a esiti non compatibili con una corretta gestione dell'emergenza sanitaria. Motivo per cui la Procura ha deciso di andare a fondo, senza puntare il dito contro nessuno. Almeno per ora. «È nostra intenzione capire cosa sia accaduto all'interno dell'ex caserma Serena - ha confermato il procuratore Dalla Costa - Acquisiremo i documenti necessari per ricostruire la successione degli eventi e individuare la catena di contagio. Li chiederemo all'Usl e alla Nova Facility, la società che gestisce il centro, e probabilmente anche alla Prefettura. È evidente che qualcosa non è andato come doveva andare».
DUBBI E CERTEZZE
Gli inquirenti trevigiani partono da un presupposto ormai consolidato: si tratta di un secondo focolaio indipendente dal primo caso di positività registrato nell'ex caserma Serena a inizio giugno, quando un operatore pakistano aveva nascosto i sintomi finendo per contagiare uno degli ospiti. Circostanza che aveva poi portato alla sommossa dei profughi che rifiutavano di sottoporsi al tampone. Placata la tensione, le maglie dei controlli non si sono allargate ma la quarantena è venuta meno, con i richiedenti asilo che hanno riacquistato la possibilità di uscire dalla struttura, molti per andare a lavorare. Sono passate poco più di sei settimane. È in questo lasso di tempo che il virus è tornato a circolare tra quelle mura. Come ci sia entrato è la domanda principe a cui la Procura vuole dare una risposta. Una volta individuata l'origine, toccherà scoprire la falla. E nel caso le responsabilità, che potrebbero annidarsi sia tra i protocolli non seguiti che tra le misure di distanziamento non rispettate. Presto per dirlo, ma di certo il veicolo di trasmissione ha potuto circolare nell'ex caserma senza trovare ostacoli.
QUARTA TORNATA
Fra tre giorni, mercoledì 12 agosto, l'Usl sottoporrà nuovamente tutti i migranti e gli operatori al tampone. La speranza è che la percentuale di negativizzati sia consistente, quasi bulgara. Ma c'è anche il rischio che si registrino nuovi contagiati. Vista la situazione non sarebbe un dramma. Più problematica è invece la positività riscontrata all'agente di polizia che la scorsa settimana ha operato l'arresto di uno dei facinorosi del centro di accoglienza, un gambiano di 27 anni. Il richiedente asilo ha saputo di essere stato colpito dal Covid-19 quando si trovava rinchiuso nel carcere di Treviso. I sei agenti di polizia penitenziaria che avevano avuto contatti con lui erano stati messi in quarantena in attesa dei risultati dei test, che hanno poi dato tutti esito negativo. A differenza del poliziotto della questura, che ha portato all'isolamento anche di due suoi colleghi. Quando sono comparsi i primi sintomi, l'agente è stato sottoposto a tampone che ha confermato il contagio. Gli altri due poliziotti che lavorano con lui hanno avuto invece esiti discordanti: il primo negativo, il secondo positivo. Ora si trovano in quarantena e domani verranno sottoposti a un ulteriore controllo. Nel frattempo è stato disposto lo screening di massa anche per i 211 migranti e tutti gli operatori che vivono e lavorano nell'ex caserma Zanusso di Oderzo, l'altro hub gestito dalla Nova Facility, dove finora non è stato registrato alcun contagio dall'inizio della pandemia.
Giuliano Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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