«Computer vecchi e organico all'osso questo sistema non ha mai funzionato»

Lunedì 25 Ottobre 2021
Mario (ci chiede di non rivelare il cognome) ha 35 anni e dal 2019 fa il navigator nel Lazio. «Quando si è presentata l'occasione di fare questo lavoro l'ho presa, ma non sono stati 26 mesi facili. I centri per l'impiego non erano pronti per far fronte allo tsunami di percettori attivabili del reddito di cittadinanza. Ancora oggi manca il personale e le dotazioni informatiche. E con il Covid la situazione è colata a picco», racconta il navigator. A differenza però di 600 suoi colleghi che anziché cercare lavoro ai beneficiari del sussidio a un certo punto hanno preferito trovarne uno per loro stessi, Marrio è ancora in prima linea.
Perché non ha mollato gli ormeggi come hanno fatto molti altri suoi colleghi?
«Spero ancora in una proroga. A causa della pandemia abbiamo fatto meno di quello che avremmo potuto fare. Tutti ora puntano il dito contro di noi, siamo il bersaglio perfetto, ma le gente dimentica in che condizione versavano, e versano tuttora, i centri per l'impiego italiani. E poi lo stipendio è buono, circa 1.500 euro al mese, per chi come me ha famiglia e un affitto da pagare non è facile rinunciarvi».
Quanti colloqui svolge in media ogni giorno con i beneficiari del Reddito ?
«Dipende dai giorni, diciamo una trentina al mese. Ma quella è solo una parte del lavoro. Poi ci sono le aziende da contattare, i controlli da svolgere, la scelta dei percorsi da consigliare. È un lavoro più difficile di quanto possa apparire dall'esterno».
A quanti percettori del sussidio ha trovato lavoro?
«A circa un quarto di quelli con cui ho collaborato, la mia media è piuttosto buona. Purtroppo però la maggior parte dei contratti di lavoro sottoscritti finora dai beneficiari è a tempo determinato».
Perché è così difficile trovare lavoro ai percettori del sostegno?
«Abbiamo a che fare con molti occupabili che sono attivabili solo sulla carta. Ci sono quelli senza la quinta elementare, chi non ha nemmeno la patente di guida, stranieri che non parlano bene l'italiano. Insomma, strada facendo sono emerse diverse criticità non facilmente superabili e che rendono particolarmente complessa la nostra missione».
Ma c'è dell'altro...
«Sì, manca una sinergia con le aziende e le agenzie per il lavoro privato. Risultato? I centri per l'impiego intercettano solo una parte, decisamente modesta, delle offerte lavorative».
Anche il Covid ha pesato?
«Sì, soprattutto all'inizio. Per mesi molti di noi non hanno lavorato. Nel frattempo la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza ha continuato ad ampliarsi e il numero dei percettori attivabili del sussidio di conseguenza è cresciuto sempre di più. Così, quando siamo tornati operativi al cento per cento, siamo rimasti schiacciati dagli arretrati. Ecco perché i percettori attivabili presi in carico sono attualmente un terzo di quelli totali».
Molti navigator oggi cercano di riciclarsi nel pubblico, anche negli stessi centri per l'impiego, dove hanno le carte in regola per arrivare a ricoprire incarichi di vertice. Ci sta facendo un pensierino anche lei?
«Se il governo non ci concederà un'ulteriore proroga del contratto allora perché no? Per me l'ideale sarebbe rimanere nel settore pubblico. Se questo non sarà possibile cercherò un impiego nelle agenzie per il lavoro private. L'obiettivo è lavorare».
Si è mai pentito di aver scelto questo lavoro?
«Onestamente no. È vero che ci sono stati momenti difficili, ma sono soddisfatto di aver trovato un lavoro, anche se solo a tempo determinato il più delle volte, a persone che meritavano una chance. Certo, mi aspettavo un supporto maggiore, dotazioni informatiche all'altezza della situazione, meno carenze di organico all'interno dei centri per l'impiego, però non mi sono mai arreso».
Fra. Bis.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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