Chiuso l'accordo con la Regione, al via test rapidi dai medici di base e pediatri

Sabato 31 Ottobre 2020
SANITÀ
VENEZIA L'esecuzione in modo rapido dei test antigenici di accertamento del Covid sarà d'ora in poi potenziata dal contributo dei medici di medicina generale e dei pediatri. Il protocollo d'intesa tra la Regione Veneto e i medici è stato condiviso ieri a larga maggioranza in sede di Comitato regionale per la medicina generale. Maggiori fondi per assumere personale infermieristico, tamponi aggiuntivi rispetto al contingente fornito a livello nazionale e ricerca di sedi per quei medici che non hanno ambulatori adeguati ad accogliere il nuovo servizio sono i punti cardine dell'accordo con la Regione Veneto che va ad integrare quello nazionale approvato il 28 ottobre con il voto favorevole di Fimmg e Intesa, ma contrario di Snami e Smi. Presenti ieri l'assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin, i rappresentanti delle aziende sanitarie del Veneto e le sigle sindacali di categoria.
LE NOVITÀ
Quindi ora i medici di famiglia e i pediatri potranno partire con i test rapidi nei loro ambulatori. Settecento medici in Veneto li stanno già facendo, chi si sente di operare in sicurezza potrà partire da lunedì, per gli altri ci vorrà ancora qualche giorno prima di iniziare. «Organizzazione e sicurezza le nostre priorità avanzate alla Regione - spiega Maurizio Scassola, segretario generale della Fimmg di Venezia - questo protocollo è importante, abbiamo ottenuto l'incremento dei fondi da destinare al personale infermieristico che va in parte a coprire le carenze che lamentiamo da anni». Si è passati quindi da 6mila a 9mila euro all'anno di finanziamento pubblico per ogni infermiere, questo agevolerà soprattutto i medici che non lavorano nelle medicine di gruppo - accolgono per ora solo il 25 per cento del totale - e che non hanno la forza di assumere personale. Inoltre la Regione andrà ad integrare i due milioni di test rapidi messi a disposizione dalla Protezione civile a livello nazionale. Infine si stanno trovando soluzioni per coloro che non dispongono di ambulatori adeguati ad accogliere i pazienti da sottoporre ai test Covid coinvolgendo anche i Comuni, attraverso l'Anci, nel reperimento di nuovi spazi.
COME FUNZIONA
Dei tremila medici di famiglia operativi in Veneto saranno esclusi dalla nuova incombenza solo i cosiddetti fragili, cioè chi è a rischio per patologie o gravidanza. Negli ambulatori si effettueranno i test rapidi antigenici che hanno una minore sensibilità rispetto ai tamponi molecolari che rimangono i più affidabili. Saranno eseguiti a coloro che hanno avuto contatti stretti e prolungati con persone risultate positive, ai pazienti segnalati dal dipartimento di Prevenzione e a quei casi che il medico di medicina generale ritiene sospetti. Sarà infatti sempre il medico a fare il triage e a decidere come procedere. Qualora ci fossero già sintomi riconducibili al Covid-19 non si andrà dal medico di famiglia, ma si procederà attraverso il percorso delle Usca. «Siamo soddisfatti di quanto raggiunto con la Regione Veneto, è un risultato importante - commenta Domenico Crisarà, segretario regionale nonché vicesegretario nazionale della Fimmg - permette ai colleghi di lavorare in sicurezza, ricordiamo che i test si fanno sempre per appuntamento e con triage del medico».
MANCA PERSONALE
Un nodo da sciogliere è la carenza di personale medico e infermieristico dovuto alla mancata pianificazione universitaria che si trascina da tempo. Si stanno quindi cercando soluzioni per uscire dal momento di emergenza come rendere operativi gli studenti degli ultimi anni del corso di infermieristica. «Da almeno dieci anni l'inadeguatezza della programmazione dei corsi di laurea non permette di coprire il turnover - spiega Scassola - per ora ce la stiamo facendo, ma nell'arco di 3-4 anni la metà dei medici veneti andrà in pensione e se non si interviene il sistema rischia di saltare».
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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