«Chi vuole spostarsi non rischia nulla Raccomandazione? Sgorbio giuridico»

Lunedì 26 Ottobre 2020
Fa fatica il professor Enzo Cheli, ex vice-presidente della Corte Costituzionale, a mandar giù l'ennesimo Dpcm appena varato dal governo. «Desidero sottolineare subito - spiega il giurista al telefono col suo leggero accento toscano - che mi auguro il pieno successo delle misure previste dal governo perché questo è di interesse generale. E tuttavia non posso non sottolineare che tre Dpcm in dodici giorni sono troppi. Sono sintomo di una insicurezza che rischia di trasferirsi al corpo sociale. Mi chiedo infatti non solo quanto sarà difficile capire tutte le nuove regole per i semplici cittadini ma anche come farà un preside o un vigile urbano a digerire e poi applicare norme che cambiano in continuazione e che hanno un orizzonte temporale breve».
A proposito di norme da capire e da applicare può spiegare qual è l'effetto concreto dell'espressione è fortemente raccomandato di non uscire dal proprio comune di residenza. Possiamo muoverci o no?
«Il senso della frase è chiaro: il governo consiglia a cittadini, ma non li obbliga, di non allontanarsi dal comune di residenza se non per motivi seri e di non invitare altre persone in casa. Un consiglio però è solo un consiglio. Non è una legge che impone un comportamento e sanziona chi non lo rispetta. Dunque restiamo liberi di non applicare un consiglio anche se è opportuno attenersi alla massima prudenza».
Ma il consiglio le pare una formula legittima e corretta sul piano giuridico?
«Chi legifera può scrivere ciò che vuole. Ciò detto è evidente che siamo di fronte ad una formula del tutto impropria».
Cosa vuol dire?
«I consigli si dovrebbero dare con una circolare non con un decreto sia pure dai caratteri particolari come il Dpcm. Sia chiaro: il governo può inserire consigli in un Dpcm ma questa indicazione resta una raccomandazione non una norma giuridica che impone un ordine. La formula fortemente consigliato inserita in un Decreto suona dunque stranissima all'orecchio del giurista».
Comunque chi non applica i consigli del governo non corre il rischio di essere multato.
«Nessun rischio per il cittadino. Ma questo non vuol dire che l'uso improprio di queste formule sia opportuno. Uno Stato che dà consigli in un atto, come il Dpcm, che a sua volta dovrebbe far riferimento a decreti leggi indica che c'è una curvatura verso lo Stato etico che non ha nulla a che fare con lo stato di diritto».
Professore sta dicendo che siamo di fronte a autoritarismo larvato?
«No. Ho premesso che mi auguro il successo dell'azione governativa contro il Covid ed è evidente che siamo di fronte ad una situazione di eccezionale gravità che può essere affrontata con strumenti eccezionali. Dico però che siccome sono in ballo libertà personali tutelate dalla Costituzione dobbiamo muoverci con attenzione, in particolare su due versanti».
Quali?
«Il Dpcm, un decreto pienamente legittimo ma che non passa per il Parlamento, è una norma secondaria che deve trovare radice in una legge o in un decreto legge ovvero in testi primari approvati dalle Camere e controfirmati dal Colle. In questa valanga di Dpcm occorre che questo passaggio venga rispettato con rigore. Attenzione perché siamo sul limite costituzionale».
E la seconda osservazione?
«Il Dpcm è uno strumento eccezionale che va usato con misura. I tre Dpcm varati negli ultimi giorni contengono moltissime norme che devono essere digerite innanzitutto dai cittadini ma anche dalle forze dell'ordine e dai dirigenti delle strutture pubbliche come i presidi. Davvero mi chiedo cosa succederà nel concreto perché orientarsi non è facile per nessuno».
Qual è il rischio che stiamo correndo?
«I comandi devono essere pochi e chiari. Mi permetto di ricordare I Promessi Sposi. Manzoni rese famose quelle che sono passate alla storia come grida manzoniane, ovvero altisonanti disposizioni contro qualcosa che però non seguiva nessuno».
D.Pir.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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