Caso Ilva, l'offensiva di pm e sindacati Ma si torna a trattare

Lunedì 18 Novembre 2019
LA GIORNATA
ROMA Si infiamma lo scontro sindacale sull'ex Ilva. E si stringe anche il cerchio delle procure su ArcelorMittal. Oggi i magistrati di Taranto daranno il via a una serie di atti ispettivi e invieranno negli stabilimenti carabinieri e guardia di finanza. Eppure, dietro al fumo delle artiglierie, il gruppo franco-indiano torna a trattare, preparando una proposta da presentare al governo con il proposito di restare in Italia.
I sindacati nel frattempo lavorano a una manifestazione nazionale a Roma con migliaia di lavoratori dell'ex Ilva e preparano un appello al Quirinale. Il Consiglio di fabbrica oggi deciderà forme e tempi della mobilitazione. «Ma ogni decisione», osserva il coordinatore delle Rsu Fiom Francesco Brigati, «dovrà essere condivisa. Bisogna impedire lo spegnimento degli impianti e l'invio dei semilavorati presso altri siti produttivi. Non possiamo lasciare nelle mani di una multinazionale il futuro ambientale, occupazionale e industriale». Il piano è quello di dare il via ad uno sciopero al contrario che mantenga attivo lo stabilimento.
Intanto, monta la protesta dell'indotto. Le imprese che hanno maturato un credito complessivo intorno ai 60 milioni di euro oggi saranno in presidio alla portineria C dello stabilimento con dipendenti e mezzi. «Non si tratterà di un blocco ma di un presidio, finalizzato a protestare per i mancati pagamenti di ArcelorMittal alle stesse imprese e a rivendicare la continuità produttiva e occupazionale della fabbrica», precisano alla Confindustria di Taranto.
L'ultimatum delle aziende che rivendicano il saldo delle fatture è scaduto. Le stesse imprese, paventano i sindacati, potrebbero ritirare gli operai dai cantieri e mettere in libertà i dipendenti. Le ditte di autotrasporto hanno già minacciato di bloccare le portinerie d'ingresso ed uscita merci dello stabilimento se a breve non saranno saldate le fatture.
In tutto questo Conte decide di scegliere una linea attendista. Il premier aspetta di conoscere le decisioni, attese in settimana, del Tribunale di Milano sul recesso di ArcelorMittal prima di convocare i vertici indiani. Ma ha già pronto un piano di mediazione per convincere il gruppo a restare in Italia: il ripristino dello scudo penale, un pacchetto di ammortizzatori sociali per oltre duemila lavoratori, uno sconto sugli affitti e anche la possibilità di un ingresso di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato.
IL NODO DELLO SCUDO
Proprio lo scudo, secondo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e l'ex ministro Carlo Calenda, è indispensabile. «Nessuno investe se rischia l'arresto», dice Boccia. E Calenda: «Senza scudo nessuno, a partire dai commissari, poteva/può o potrà gestire Ilva». Però i 5Stelle resistono: «La nostra posizione non cambia». Ed è una posizione in principio contraria, anche se disponibile a discutere se Conte la presenterà come estrema ratio. Il rischio che una pattuglia di senatori M5s voti no, avvertono però, resta. «Prima Mittal si sieda al tavolo», afferma Luigi Di Maio.
A.G.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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