Canal Grande, emergenza tuffi

Lunedì 20 Marzo 2017
Canal Grande, emergenza tuffi
C'è chi lo fa per esibizionismo, chi per trovare una morte meno silenziosa e anonima di quella che è stata la propria vita. Se Venezia è la meta preferita per chi scappa da qualcosa o da qualcuno, il Canal Grande è il luogo che amplifica ogni gesto, più o meno estremo. L'ultimo è stato un 22enne tedesco senza fissa dimora, che si è tuffato una prima volta sabato pomeriggio e una seconda ieri alle 14 da una riva nei pressi del ponte di Rialto. Il ragazzo è stato ripescato e ora, probabilmente, qualcuno si occuperà del suo caso, visto che chi lavora in zona da almeno un mese segnala i suoi comportamenti e la sua condizione. Tanto più che due tuffi in due giorni la dicono lunga sulle sue attitudini.
Non si sa ancora il motivo per cui questo giovane tedesco, arrivato da qualche mese in città, abbia deciso di buttarsi. Si sa di certo però che ha rischiato la vita, perché si può morire, alle 5 del pomeriggio, in quel punto del Canal Grande, non lontano dal punto in cui il 17 agosto 2013 perse la vita in gondola il professore tedesco Joachim Vogel. Motoscafi e vaporetti incrociano le traiettorie, scorgere e scansare qualcuno in acqua è questione di un istante. Peggio che peggio se il pericolo arriva dall'alto, come capitato la sera del 12 agosto dello scorso anno, ancora dal ponte di Rialto. Un marinaio cinquantenne neozelandese si tuffò dalla balaustra poco prima di mezzanotte, centrando un taxi che passava lì sotto. Impatto violentissimo, in seguito al quale l'uomo morì, un mese dopo. Eppure non basta l'eco della pericolosità di queste azioni, per dissuadere i più scriteriati. Pochi giorni dopo, il video di una veneziana in Facebook documentò sei allegri ragazzotti stranieri che, in mutandoni e bikini, stavano per tuffarsi in Canal Grande all'altezza di San Vio, zona Punta della Salute. Il 5 dicembre un giapponese scelse invece il Ponte degli Scalzi, davanti alla Stazione ferroviaria, per un'esibizione: dopo aver gettato la tavola in acqua, si lanciò a beneficio delle riprese social della sua compagna, appostata sulla riva. Se l'è cavata con una sanzione amministrativa, perché il regolamento comunale vieta bagni in Canal Grande. Per una questione di sicurezza, più che per igiene, visto che da questo punto di vista esiste addirittura la testimonianza diretta di Vittorio Selle, direttore del servizio di igiene pubblica dell'Ulss veneziana, che lo scorso 4 settembre, al termine della regata storica vinta con i 5 compagni dell'equipaggio delle caorline, si tuffò in Canal Grande davanti alle autorità, per festeggiare il successo.
Ben diversa, invece, la storia di Pateh Sabally, 21 anni del Gambia. Lui il Canal Grande l'ha scelto per morire, lo scorso 22 gennaio, dopo essere scappato per venire in Italia. Pateh si è lasciato affondare, sempre davanti alla stazione, rifiutando di farsi salvare: la sua morte ha aiutato a raccontare una parte della sua vita, quel fatto però ha acceso anche le polemiche su chi forse avrebbe potuto fare di più per salvarlo. Ieri lo hanno ricordato in 4mila, a Venezia, con la marcia Side by side dedicata ai migranti.
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Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 14:31

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