Camorra, così il clan voleva condizionare anche il voto a Jesolo

Sabato 23 Novembre 2019
Camorra, così il clan voleva condizionare anche il voto a Jesolo
I VERBALI
VENEZIA «Ricevetti la richiesta di Donadio e Sgnaolin di sostenere l'elezione di uno che lavorava all'Imperial Agency, Andrea Tomei: il mio compito era di suggerire il suo nome a tutti quelli che conoscevo e che abitavano a Jesolo... Lo scopo era quello di averne poi un tornaconto e benefici come concessioni e permessi».
A raccontare l'ennesimo episodio relativo ad un presunto tentativo di condizionare il voto amministrativo da parte del boss, referente dei casalesi nel Veneto orientale, è stato uno degli ex collaboratori di Donadio, Girolamo Arena, 37 anni, accusato di associazione di stampo mafioso assieme ad altri 36 indagati nell'inchiesta sulle infiltrazioni della camorra. Non è la prima volta che, nel corso dell'inchiesta, emergono tentativi di infiltrazione della malavita organizzata a Jesolo, ma nei capi d'imputazione contestati ai 76 indagati dalla Procura di Venezia non vi è alcuna vicenda che riguardi la prima spiaggia del Veneto (né Tomei, esponente di Fratelli d'Italia, che poi non fu eletto e che non risulta indagato) sulla quale accertamenti sono in corso, alla ricerca di eventuali riscontri e conferme. A Eraclea, invece, il pm Roberto Terzo contesta un presunto voto di scambio per l'appoggio che Donadio garantì all'elezione a sindaco di Mirco Mestre.
IL SISTEMA
In due interrogatori sostenuti di fronte al pm Terzo, Arena ha fornito conferma su numerosi episodi già a conoscenza degli investigatori, in particolare in relazione all'attività di estorsione messa a segno dal boss di Eraclea e dai suoi sodali per recuperare vari crediti: «Pretendeva la metà del credito come compenso - ha spiegato - Utilizzava una violenza esagerata: bruciare auto, sparare ad abitazioni, incendiare locali, riempire di botte il debitore, anche per riscuotere piccole somme...». Arena ha rivelato che la sala scommesse Snai gestita dal figlio del boss, Adriano, «funzionava come lavatrice trasformando il denaro contante in false vincite che venivano liquidate dallo Snai con bonifico in banca». Circostanza confermata anche da Antonio Puoti, altro nipote del boss.
IL POLIZIOTTO
Arena ha fornito riscontri anche sulla posizione di Moreno Pasqual, il poliziotto accusato di essere stato al soldo del clan, al quale avrebbe fornito informazioni sulla indagini in cambio di denaro e altre utilità: «Più volte, in mia presenza, ha avvisato Donadio di perquisizioni», ha dichiarato, raccontando di alcuni lavori elettrici e dell'installazione di un antifurto, da lui eseguiti a casa Pasqual, per un'ammontare di 3mila euro, pagati dal boss di Eraclea. Il poliziotto avrebbe anticipato all'organizzazione criminale anche una retata per droga e avrebbe dato il preavviso anche di un visita della Finanza, grazie ad una amico delle Fiamme gialle. Lo stesso Pasqual, in un interrogatorio dello scorso 25 ottobre, ha ammesso di avere effettuato ricerche nell'archivio di polizia per conto di Donadio, negando però di aver fornito anticipazioni o notizie su indagini.
Particolari in merito alle false fatturazioni emesse da Donadio li ha raccontati invece Antonio Puoti il quale ha spiegato al pm Terzo che il denaro veniva versato su carte ricaricabili Spider della Mps di Jesolo «fatte aprire ai finti dipendenti con la complicità del bancario Denis Poles... gli consentivano prelievi fino a mille euro al giorno... Il commercialista Di Corrado poi ci procurava società che avevano bisogno di fatture false...»
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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