Calenda: col Sì più forti nella Ue

Venerdì 2 Dicembre 2016
Calenda: col Sì più forti nella Ue
(Segue dalla prima pagina)
«Io non sono un costituzionalista, però se la vedo sulle mie attività di governo, sia dal lato di razionalizzazione dei rapporti con le regioni sia dal punto di vista della formazione delle leggi, la riforma funziona. Le nuove norme sulla concorrenza sarebbero legge dal settembre dell'anno scorso con il voto della Camera, se fosse in vigore il nuovo sistema e invece le stiamo ancora aspettando, è passato più di un anno. In questo, la riforma funziona, è un passo avanti molto importante».
E le sembra un passo avanti anche il passo indietro sull'autonomia delle Regioni?
«Secondo me è un altro aspetto fondamentale della riforma: si dà più peso alle Regioni nella formazione politica delle decisioni, le fa sedere in Senato, partecipare alla nascita stessa delle leggi. Però, una volta presa la decisione, nella fase diciamo esecutiva, questa decisione va applicata velocemente e senza dover subire veti come accade adesso. Le decisioni strategiche, quelle relative a grandi infrastrutture, hanno bisogno di costanza, di applicazione certa in un congruo spazio di anni. Lo sanno bene gli imprenditori italiani che pagano il conto di queste disfunzioni»
Cosa succede dopo il 4 Dicembre? Renzi si dimette se vince il No?
«È importante che il governo abbia una sua continuità, ci sono tante cose avviate da portare avanti, penso nel mio campo al piano Industria 4.0 la cui implementazione va seguita con attenzione. Quindi penso che bisognerebbe andare avanti indipendentemente dal risultato ma non sta a me decidere. Con il Sì saremo più forti anche in Europa nella partita decisiva per ridiscutere il Fiscal Compact e liberare spazi per fare investimenti»
Però l'effetto politico del referendum ci sarà. Se vince il Sì potrebbe nascere il partito della Nazione dei sogni di Renzi, o verificarsi una scissione nel Pd se vince il no...
«Io posso dire la mia sull'economia ma sulle questioni politico partitiche confesso la mia inadeguatezza».
Non potrà tuttavia non vedere il clima da giudizio universale in cui Renzi da una parte e i più accesi fautori del No dall'altra hanno scelto di infilare il Paese, spaccandolo in due.
«Dei partiti m'interessa poco. Penso invece che all'indomani del voto il lavoro del governo dovrà essere quello di rimettere insieme il Paese, che rischia di ri-dividersi ideologicamente. Qui bisogna correggere...»
Ma non è Renzi che parla di scelta tra un sì e un mai, tra vecchio e nuovo, tra risorgere e tramontare?
«Io rispetto chi la pensa in modo diverso, questa riforma non è il vecchio contro il nuovo, il cattivo contro il buono. Questo Paese ha smesso per un ventennio di occuparsi di cose concrete a partire dalle imprese, per dedicarsi a inutili battaglie ideologiche. Dividersi sul merito dei provvedimenti è sano, mentre dividersi tra aspiranti alla dittatura e democratici, tra vecchi e nuovisti, è ridicolo».
Non c'è pericolo di una deriva autoritaria ?
«Ma neanche per sogno, questo Paese ha sempre avuto il rischio opposto, il rischio di una deriva anarchica, della incapacità di decidere».
Ci saranno davvero sconquassi sui mercati in caso di vittoria del No?
«Non lo so. Valutare oggi l'effetto che un voto avrà in chiave internazionale è difficile. Però so che non deve essere un elemento per decidere come votare. Questo è un voto sulla Costituzione italiana, architrave della repubblica: io sono molto attento ai mercati e agli investitori esteri, ma questa volta devono starne fuori. È una scelta sull'identità della nazione, su quello che vogliamo essere nei prossimi decenni, non c'interessa cosa accadrà in Borsa la mattina dopo».
Con questa riforma l'Italia sarà l'unico Paese in cui saranno formalmente in vigore due Costituzioni diverse, quella attuale intatta per le Regioni Speciali, e quella nuova, ad autonomia ridotta, per le Regioni ordinarie. Questo aggrava la situazione del Veneto, incastrato tra Regioni speciali.
«Mettere in discussione le regioni speciali è politicamente difficile. E poi il recupero di efficienza del sistema Italia avvantaggerà anche il Veneto e spero che così si riduca il solco con le vicine Regioni speciali. Inoltre il potere d'intervento dello Stato sarà usato per correggere i sistemi regionali che non funzionano, non per azzoppare la sanità veneta o lombarda. Nel commercio internazionale molte Regioni hanno buttato un sacco di risorse, ci sono iniziative cialtronesche sul made in Italy, sulle quali io ministero devo poter intervenire. Ma con altre regioni lavoriamo benissimo sull'attrazione degli investimenti, sarebbe assurdo che io volessi distruggere ciò che funziona. Le Regioni virtuose, possono stare tranquille».
Alvise Fontanella
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