Brexit, May chiede una nuova trattativa Ma l'Europa la gela

Martedì 11 Dicembre 2018
IL CASO
LONDRA Quella di ieri è stata la giornata in cui tutte le carte sono tornate sul tavolo, a partire da quella che permette di annullare la procedura della Brexit senza chiedere il permesso ai Ventisette, come stabilito da una sentenza della Corte di giustizia europea. Carte di cui nessuna, però, piace alla maggioranza dei deputati britannici, come dimostrato dalla drammatica scelta della premier Theresa May di rinviare a data da destinarsi il voto parlamentare, previsto per oggi, sull'accordo raggiunto il 25 novembre scorso con la Ue. «Mentre c'è ampio sostegno per molti degli aspetti chiave», c'è un nodo, sempre uno, che non si scioglie, ossia la «clausola di salvaguardia» per fare in modo che in nessun caso tra le due Irlande venga frapposta una frontiera fisica, ha osservato la May. Giovedì sarà a Bruxelles per cercare di ottenere «rassicurazioni» sul fatto che questa misura, che verrà attuata solo qualora non si raggiungesse un accordo di libero scambio tra Regno Unito e Ue in tempi rapidi, non lasci il Paese impelagato nell'Unione europea senza possibilità di uscita a meno che non ci sia il consenso di Bruxelles. La premier ha fatto presente che «non esiste nessun accordo disponibile che non includa la clausola di salvaguardia» sul dossier irlandese, cercando di gettare acqua sul fuoco delle ambizioni dei suoi nemici politici di ottenere un compromesso migliore con la Ue.
CALENDARIO
E infatti il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che giovedì prossimo non ci sarà nessuna rinegoziazione, né «sull'accordo né sulla clausola», ma si parlerà di «come facilitare la ratifica del Regno Unito», magari attraverso una dichiarazione da allegare ai due testi per fugare i timori che le misure, con cui di fatto l'Irlanda del Nord resterebbe nel mercato unico a differenza del resto del Paese, verrà applicata a tempo indeterminato. Tusk ha però messo bene in evidenza di essersi spazientito, così come tutte le cancellerie europee: poiché «il tempo sta finendo», è giunto il momento di «discutere il livello di preparazione per uno scenario di no deal», quello più dannoso per l'economia e che si materializzerà se Westminster non troverà la concordia necessaria per scongiurarlo.
Tra risate e schiamazzi, in un'atmosfera incandescente, l'aula di Westminster non ha apprezzato la scelta della May di rinviare il «voto significativo», destinato a un fragoroso fallimento con più di cento deputati conservatori decisi a bocciare l'accordo. E il rinvio, il cui annuncio ha portato la sterlina ai minimi degli ultimi 18 mesi nei confronti del dollaro, con rischio di nuova volatilità nei mesi a seguire, non è piaciuto neppure a uno dei principali sponsor dell'accordo della May, ossia l'associazione degli industriali, ha fatto presente che dopo due anni e mezzo di incertezza si rischia una «crisi nazionale» se si continuano a dare «colpi alle aziende ansiose di avere un po' di chiarezza»: la confindustria britannica sarebbe a favore del remain, ma è pronta ad accettare un compromesso che stabilisca dei punti fermi.
PROTAGONISTI
Un altro assist alla premier è giunto dal suo predecessore John Major, che ha accusato di «vertiginosa ignoranza» gli unionisti nordirlandesi che non capiscono che la frontiera fisica che rischia di incrinare la pace sull'isola, in caso di no deal, sarebbe non un rischio bensì una certezza. Un altro grande vecchio della politica britannica come il conservatore Kenneth Clarke ha chiesto se non sia il caso di revocare l'articolo 50 e prendere qualche mese per ragionare su come evitare di cadere nel precipizio delle regole del WTO. Nel frattempo la May si prepara a partire per l'Olanda, dove incontrerà Mark Rutte, e la Germania, per parlare con Angela Merkel: ora più che mai ha bisogno di un assist che le permetta di ridurre l'infinita serie di possibilità, molte delle quali rischiano di portare ulteriori caos e discordia, a una sola, quella messa a punto nel suo piano.
Cristina Marconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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