Bonaccini è avanti frenata della Lega Affluenza da record

Lunedì 27 Gennaio 2020
IL FOCUS
ROMA Testa a testa tra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni, con il presidente uscente in leggero vantaggio negli exit poll e il fiato sospeso a partire dalle 23 perché l'Emilia-Romagna era il più classico dei casi too close to call. Il primo responso è dell'exit poll della Rai: il candidato del centrosinistra tra il 48 e il 52 per cento, quella del centrodestra tra il 43 e il 47. Tra il 2 e il 5 per cento, malinconicamente, Simone Benini, candidato del Movimento 5 Stelle: in Emilia-Romagna nel 2018 alle politiche M5S era al 27,5. In sintesi: l'effetto Sardine ha consentito a Bonaccini di giocarsela, il crollo del Movimento 5 Stelle è evidente.
LE CODE
Occhi puntati sull'affluenza, decisamente più alta di quella delle regionali del 2014 che consentirono a Bonaccini di essere eletto governatore. L'effetto delle dimissioni di Errani (condannato in appello per l'inchiesta Terremerse, ma successivamente assolto) causò una fuga dai seggi. Votò appena il 37,3 per cento, ieri quasi il doppio (intorno al 70 per cento), con lunghe code sin dal mattino. Per tutta la giornata da Piacenza a Rimini, passando per Bologna, ci si è interrogati sul significato della folla corsa a votare. L'affluenza alta favorisce Matteo Salvini che, di fatto ha oscurato la Borgonzoni per guidare la conquista dell'ex regione rossissima? È il segnale che il popolo del centrodestra, vedendo la vittoria possibile, si è mobilitato? Al contrario: c'è stata la reazione della sinistra, anche di chi da anni si asteneva, perché temeva la vittoria della destra e perché Salvini ha personalizzato le regionali in Emilia-Romagna? In sintesi: effetto Capitano o effetto Sardine? Nelle previsioni che si inseguivano tra sondaggi e anticipazioni degli exit poll nel centrosinistra c'era chi faceva questa valutazione: Salvini ha già raggiunto il massimo, in termini di mobilitazione, alle europee del 2019, quando la Lega ha superato il Pd, e nelle due storiche vittorie alle comunali di Ferrara e Forlì. Il numero rilevante di persone che sono andate a chiedere la tessera elettorale era il segnale del risveglio di parte di popolo brontolone di sinistra spaventato da Salvini. La verità è che l'Emilia-Romagna, un tempo una delle regioni facili facili per i sondaggisti, si è trasformata in un rompicapo. Con la variabile del Movimento 5 Stelle, con il suo candidato Simone Benini quasi scomparso e l'incognita del voto disgiunto: voto al simbolo grillino, ma croce Bonaccini per fermare l'avanzata di Lucia Borgonzoni-Matteo Salvini e la spallata al governo rosso-giallo.
PASSATO
Restano alcuni punti fermi: l'Emilia-Romagna non è più un monolite rosso (ma non lo era da tempo); l'affluenza, molto più alta di quella della Calabria, dimostra che è ancora una regione dove la politica interessa e la voglia di partecipare e decidere non si è spenta. L'asticella del 70 per cento delle 23, segna un aumento anche rispetto alle europee dell'anno scorso (67,3 per cento) ma è più basso (come è normale che sia) delle politiche del 2018 quando votò il 78 per cento. Più nel dettaglio, i dati consolidati sull'affluenza delle 19 dicevano che la provincia in cui si era votato di più era quella di Bologna (61,88 per cento), con un dato ancora più alto nell'hinterland dove la percentuale dei votanti era al 60,8. Il comune con l'affluenza record era Zola Pedrosa, sempre nel Bolognese, con il 66,85. Tra le altre province seguivano Ravenna (60,67) e Modena (58,89, la provincia di Bonaccini). I dati più bassi a Rimini (54,55) e Piacenza (54,38). Sono tutti territori dove ancora il Pd governa, mentre le due province in cui il centrodestra ha conquistato i due capoluoghi (le famose roccaforti rosse) Forlì-Cesena e Ferrara, erano a metà strada con 59,38 e 57,94. Resta la fotografia di un dato dell'affluenza molto alto, come vuole la tradizione dell'Emilia-Romagna con l'eccezione del buco nero delle precedenti regionali. E l'attesa nella notte del consolidamento di un risultato che deve dire chi governerà tra Piacenza e Rimini per i prossimi cinque anni. E che forse va anche a definire il futuro del governo rosso-giallo.
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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