Autostrade apre al governo Ma Conte: stufo, Cdm lunedì

Venerdì 10 Luglio 2020
IL RETROSCENA
ROMA Un nuovo ultimatum, questa volta però con la pistola sul tavolo. E un nuovo rinvio. Si chiude così l'ennesima giornata di passione del governo e della maggioranza sul dossier della concessione ad Autostrade per l'Italia (Aspi). Un modo, neppure tanto mascherato, per rimandare la palla nel campo avversario. Forse con la speranza che siano «i Benetton a farsi fuori da soli rifiutando di presentare una proposta accettabile», dice una fonte grillina di rango che fotografa le divisioni tra i rosso-gialli. Ma da Aspi arrivano segnali di apertura, entro mezzogiorno di sabato (termine fissato dal governo) la società della famiglia Benetton dovrebbe venire incontro alle richieste dell'esecutivo.
Di certo, al momento, c'è che Giuseppe Conte è descritto «stanco, stufo da un bel po' di questa imbarazzante telenovela». Determinato a scrollarsi di dosso le accuse di attendismo che gli arrivano al Pd e a «chiudere lunedì», quando alle nove del mattino riunirà il Consiglio dei ministri, «tutta questa vicenda ridicola in cui sono proprio i dem a frenare la soluzione». A frenare sulla revoca.
LA POSSIBILE CONTA
Se fosse davvero questo l'epilogo, in Cdm si andrebbe alla conta. Non a caso il premier mercoledì ha parlato di decisione «collegiale, coinvolgendo l'intero governo e non solo i due ministri competenti». Vale a dire: i dem Paola De Micheli (Infrastrutture) e Roberto Gualtieri (Economia), più propensi ad arrivare a un compromesso con Aspi attraverso una «radicale revisione della concessione nell'interesse pubblico», come dice il sottosegretario dem Roberto Morassut.
Così, a dispetto dei proclami 5Stelle e delle minacce di Conte, il resto del governo non va sparato verso la revoca. Che dovrebbe essere decisa con atto firmato da De Micheli e daGualtieri. «Senza contare», aggiunge chi per il Pd segue il dossier, «che dopo la revoca ci vorrebbe un decreto per far gestire ad Anas i 3.300 chilometri di autostrade e che un decreto ha bisogno di una maggioranza in Parlamento...». Come dire: se Conte e i 5Stelle dovessero fare i furbi avremmo modo di fermarli.
GOVERNO DIVISO
Il Pd, Italia Viva e perfino la parte più moderata e governista dei 5Stelle non festeggerebbe infatti se, alla scadenza dell'ultimatum di sabato, Aspi dovesse rispondere picche. De Micheli, Gualtieri, le renziane Teresa Bellanova (Agricoltura) ed Elena Bonetti (Famiglia) coltivano due timori. Il primo riguarda le conseguenze legali ed economiche della revoca: un lungo e rischioso contenzioso, con un possibile indennizzo miliardario da dover pagare. Perché, come dice la renziana Raffaella Paita, «la revoca non sta tecnicamente in piedi». Il secondo timore riguarda le conseguenze immediate e pratiche: Anas, deputata a sostituire in corsa Aspi nella gestione della rete autostradale, è considerata «inadeguata».
Ecco perché, nonostante la sentenza della Consulta - che ha giudicato legittima l'estromissione di Aspi dalla ricostruzione del Ponte Morandi - abbia «rafforzato la nostra posizione» (Conte docet), il governo pur diviso non chiude la partita. I capi di gabinetto di De Micheli e Gualtieri, assistititi dal segretario generale di palazzo Chigi, si sono limitati ieri pomeriggio a giudicare «insoddisfacenti e inaccettabili» le proposte finora avanzate dai vertici di Aspi e Atlantia Roberto Tomasi e Carlo Bertazzo. E a lanciare, appunto, l'ultimatum.
Ebbene, da ciò che filtra da fonti politiche, la controproposta che sfornerà entro sabato alle dodici Aspi dovrebbe essere «positiva e accettabile». Questo perché i conti per indennizzi e investimenti sono stati fatti dal Tesoro, guardando bilanci e remuneratività. E dunque le condizioni poste - 500 milioni in più di investimenti e lo scarico di responsabilità, una manleva, per eventuali richieste di danni per Genova - non sarebbero capestro. Ma commestibili per Autostrade che ieri ha perso l'8% in Borsa sull'ipotesi di revoca.
IL PASSO SUCCESSIVO
Se finirà davvero così, se Aspi dovesse presentare una controfferta soddisfacente, si aprirebbe subito dopo l'altra partita. Forse quella più delicata e strettamente legata a un eventuale finale positivo: il passaggio dei Benetton in minoranza in Aspi (i grillini chiedono l'uscita tout court), argomento di cui non si sarebbe parlato ieri pomeriggio. Ma che è assolutamente dirimente.
Se infatti la famiglia di Treviso, considerata colpevole dai 5Stelle del crollo del Ponte Morandi, dovesse continuare a rifiutare di fare un passo indietro cedendo il controllo di Autostrade a Cassa depositi e prestiti attraverso il fondo F2i, i grillini ribadirebbero il loro no al rinnovo della concessione revisionata. E lo stesso farebbe Leu che da tempo, al pari dei 5Stelle, invocano la nazionalizzazione dell'intera rete autostradale. Non a caso, a spingere più di tutti per il passaggio dei Benetton in minoranza sono coloro che vogliono l'accordo: Gualtieri, De Micheli. «La questione societaria è decisiva», taglia corto un'altra fonte governativa che segue il dossier, «i Benetton non possono più gestire le autostrade».
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci