Autonomia, l'altolà delle tre Regioni: «No a riformicchie»

Venerdì 5 Luglio 2019
Autonomia, l'altolà delle tre Regioni: «No a riformicchie»
LA TRATTATIVA
VENEZIA Autonomia, l'accordo economico partorito mercoledì sera a Palazzo Chigi nel vertice politico tra il premier Giuseppe Conte e i ministri del M5s e della Lega, rischia di essere bocciato dal Veneto e dalla Lombardia, forse anche dall'Emilia Romagna. Perché è un accordo che favorisce le Regioni non virtuose. Che non prevede sanzioni nel caso in cui non si passasse ai fabbisogni standard. E che prevede un ulteriore versamento al fondo di perequazione delle tasse pagate dai rispettivi cittadini. È così che il professor Andrea Giovanardi, componente della delegazione trattante per il Veneto, tuona: «Pur non avendo ancora comunicazioni ufficiali, ritengo che l'eliminazione della clausola della spesa media sia particolarmente dannosa ed ingiusta per le Regioni che chiedono l'autonomia differenziata. In questo modo si cristallizzano differenze ingiustificate e inique e si toglie ogni incentivo allo Stato ad arrivare alla determinazione dei fabbisogni standard». Quindi l'accordo raggiunto a Palazzo Chigi non va bene? «Se fosse così - dice il professor Giovanardi - l'esito del vertice sarebbe decisamente deludente».
LE MODIFICHE
Nel testo presentato dalle Regioni c'era la clausola di salvaguardia della spesa media pro capite. La clausola diceva questo: tu Stato mi dai le deleghe (il Veneto ha chiesto 23 materie, la Lombardia 20, l'Emilia Romagna 16) e inizialmente per la parte finanziaria ci si basa sulla spesa storica, cioè tu Stato continui a darmi la stessa somma che hai speso finora. Entro cinque anni bisogna però passare ai fabbisogni standard (il principio, per intenderci, è quello della siringa che non può costare 10 centesimi da una parte e 2 euro da un'altra), ma se i fabbisogni standard dovessero tardare, allora si passa nel giro di tre anni alla spesa media pro capite. Che, in virtù dell'invarianza di spesa, per le Regioni non virtuose sarebbe un salasso: avrebbero meno risorse, mentre Veneto, Lombardia ed Emilia - che guarda caso sono agli ultimi tre posti nell'elenco della spesa media pro capite - avrebbero di più. Ecco, questa parte nell'accordo economico raggiunto mercoledì sera a Palazzo Chigi è stata cancellata. In compenso, il termine per arrivare ai fabbisogni standard è stato ridotto a tre anni rispetto ai cinque iniziali.
C'è dell'altro. Nell'accordo economico è sì rimasta la compartecipazione al gettito di uno o più tributi, ma è stato anche previsto che se aumenterà il Pil non tutte le risorse aggiuntive resteranno in Veneto o in Lombardia: una parte dovrà finire nel fondo di perequazione a favore delle altre regioni. Se però il Pil si abbasserà, allora il Veneto dovrà fare i conti con un minore gettito.
I COMMENTI
Come ha spiegato il ministro per il Sud, Barbara Lezzi (M5s), sono stati messi dei «paletti su un aumento del Pil di determinate Regioni, oltre il quale deve essere versata l'eccedenza nel fondo di perequazione. Tutto è stato sistemato: la media nazionale non c'è più, la parte degli investimenti che andava a pescare da fondi nazionali non si può regionalizzare, anche quell'articolo è stato tolto, perché si va a sconvolgere quello che è un progetto di altre Regioni».
E le Regioni coinvolte cos'hanno detto? Il governatore del Veneto, Luca Zaia: «Positivo l'approccio della norma finanziaria con la compartecipazione, il che vuol dire che per le nuove materie ci sarà una compartecipazione. Ma ci sono ancora problemi irrisolti. Ovviamente, io non firmerò un accordo al ribasso, soprattutto per il rispetto che ho nei confronti di 2,4 milioni di veneti che sono andati a votare per il referendum. Io però ho fiducia: adesso attendiamo la proposta del governo, e ovviamente vogliamo un'autonomia vera e non un'autonomia finta: con le 23 materie».
Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana: «Una riformicchia non mi interessa. Siamo disponibili a qualsiasi tipo di discussione, purché sia una discussione seria». E l'omologo dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: «Noi siamo pronti a firmare, ma firmiamo non al buio, ma solo se c'è un testo condiviso. Davvero: non so più a che santo votarmi».
Il vertice politico M5s-Lega è stato aggiornato a lunedì, sul tavolo l'istruzione.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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