«Autonomia a rilento» Giorgetti vede lo stallo

Domenica 24 Marzo 2019
IL CASO
ROMA Nell'ultimo vertice al quartier generale della Lega in via Bellerio, a Milano, dieci giorni, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali in cui si ostentava fiducia si respirava in realtà un'aria molto pesante riguardo al progetto autonomista. Matteo Salvini per l'ennesima volta tentò di tranquillizzare i due governatori del lombardo-veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, apparsi piuttosto sfiduciati. Della serie: i 5 stelle ci stanno mettendo i bastoni tra le ruote e sta andando tutto a finire male. E in effetti le cose stanno un po' così. Troppa fretta, troppe complicazioni, troppe difficoltà da parte dei ministri grillini, troppe poche sponde istituzionali, il Sud in rivolta, la contraddizione (negata però da Salvini) tra Lega nazionale e primato del Nord e via così: autonomismo adieu? No, ma insomma.
LE RESPONSABILITÀ
Giancarlo Giorgetti, che a questa riforma tiene da sempre, lui che ha condiviso con Umberto Bossi e poi con Roberto Maroni la governance del Carroccio, appare ormai molto prudente su questa materia. Conoscendo gli ostacoli - nella Lega le chiamano «le mine» - che si stanno affollando sul tragitto. Non è mai stato così esplicito come ieri il sottosegretario a Palazzo Chigi: «Il progetto delle autonomie regionali? Diciamo che va avanti ma si è un po' rallentato».
Giorgetti ne ha parlato a margine di un incontro sull'autonomia, organizzato a Milano dall'intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà. Ma non ha lanciato accuse, non ha incolpato i 5 stelle o il premier Giuseppe Conte per questo rallentamento ormai evidente a tutti, e a cui i due governatori del Nord non vorrebbero rassegnarsi ma la situazione è quella che è. «Nessuna colpa, è che le cose vanno fatte bene. Speriamo che si facciano bene. Siamo disposti ad aspettare un po' per farle bene»: questa la linea del sottosegretario. Il fatto è che dal momento in cui la Lega non è riuscita a impedire che la questione venisse parlamentarizzata - «Se finisce nel tritacarne degli esami e contro-esami di Camera e Senato siamo fritti», questo il timore espresso dai leghisti e condiviso da Salvini, ma lui deve tenere conto anche degli equilibri di governo e della posizione di Conte che è questa: «Il Parlamento non deve essere messo davanti a una alternativa secca tra il prendere e il lasciare» - tutto è diventato più arduo. «Non dev'essere annacquata», dice il leader della Lega. Mentre il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e il presidente di Montecitorio, Roberto Fico, sono in contato per organizzare le agende su questa materia. E l'una vuole sentire in audizione i pareri dio costituzionalisti e ex presidenti della Consulta, mentre l'altro è assediato dai suoi - specie l'ala sudista dei 5 stelle - che questa riforma non la possono digerire.
I FRENI
Comprensibili insomma i dubbi di Giorgetti: «L'autonomia differenziata rischia di venire risucchiata in un dibattito politico, che non riesce capire che dietro questa innovazione stanno due termini fondamentali: fiducia e responsabilità. La sfida dell'autonomia è la sfida della responsabilità. E purtroppo questo Paese della responsabilità ha paura».
Nel dibattito con Giorgetti, ecco anche per Forza Italia la Gelmini che così si rivolge al collega lumbard: «Ma come pensate di poter attuare l'autonomia con Di Maio e Toninelli?». Giorgetti insiste: «Serve una rivoluzione dell'approccio culturale, se non c'è questa il Paese non si muove. Non vorrei che il tema dell'autonomia differenziata diventi una bandiera politica della Lega, quando invece è una rivendicazione dei popoli di Lombardia e Veneto, suffragata in modo democratico» con i referendum consultivi del 22 ottobre 2017. Ma oltre al lombardo-veneto c'è anche il resto dell'Italia, istituzionale, politica e territoriale, ed è gonfia di perplessità.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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