Assegni alti, in frenata sul super-contributo verso lo stop dell'adeguamento all'inflazione

Lunedì 10 Dicembre 2018
IL PROVVEDIMENTO
ROMA «Il taglio delle pensioni è un simbolo: un segno di equità sociale e di giustizia». Matteo Salvini conferma che l'intervento sui cosiddetti trattamenti d'oro, congelato alla Camera, entrerà nella legge di Bilancio al Senato. Ma il viceministro, di fatto, rende esplicite le perplessità della Lega nei confronti del pesante intervento prefigurato dai 5 Stelle. «Bloccare l'adeguamento alle pensioni extra-ricche almeno dai 5 mila euro in su: è questa la via più giusta» ha spiegato il leader del Carroccio, precisando che si tratterebbe di un intervento selettivo «sulla quota delle pensioni alte non coperte dai contributi».
Insomma secondo Salvini la cosa più corretta da fare è stoppare l'indicizzazione degli assegni più elevati all'andamento dell'inflazione «più che operare il taglio secco» che piace ai pentastellati. E la ragione di questa strategia è pratica: evitare «ricorsi e controricorsi». Vale a dire la possibile censura, che nel quartier generale di Via Bellerio considerano praticamente scontata, della Consulta. A questi ragionamenti di ordine tecnico si aggiungono valutazioni di carattere più squisitamente politico.
I VALORI IN GIOCO
«Una pensione da 2500-3000 euro non è una pensione alta» ha ammonito ancora Salvini con il chiaro obiettivo di rassicurare buona parte della sua base elettorale a trazione nordista, piuttosto spaventata dalle parole pronunciate da Luigi Di Maio cinque giorni fa al termine di un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi. «Il taglio entrerà in manovra e andrà dal 25% al 40% sulle pensioni più alte» aveva annunciato il viceministro dei Stelle spiazzando la Lega. Nello schema che hanno in mente i pentastellati, rientrerebbero nella definizione di pensione alte quelle sopra 90 mila euro lordi a cui applicare varie aliquote a scalare sulla parte eccedente il limite. Ed anche se il taglio più consistente riguarderebbe solo gli assegni oltre i 500 mila euro, con una platea di qualche decina di persone, a decine di migliaia subirebbero decurtazioni comunque pesantissime.
Questa architettura, come ricordato, non piace affatto alla Lega e nelle prossime ore dovrà essere trovato un compromesso. Secondo alcune fonti alle prese con il delicato dossier il punto di caduta della mediazione giallo-verde consisterebbe nel blocco degli adeguamenti per gli assegni alti fino ad un livello di 150 mila euro lordi ai quali affiancare poi veri e propri tagli, fino al 40%, per le somme che superano questa soglia. L'intervento sarebbe concretizzato attraverso un emendamento alla manovra in Senato. La mediazione potrebbe essere quindi un mix delle due opzioni: blocco degli scatti legati al costo della vita nelle prime fasce e, in aggiunta, taglio con varie percentuali per le fasce altissime. La più alta, oltre i 500mila euro, include meno di 30 persone.
LE SCADENZE
Nel capitolo pensioni, a Palazzo Madama, dovrebbero peraltro rientrare anche la proroga di opzione donna e dell'Ape: misure in scadenza che vanno necessariamente rinnovate in manovra. La prospettiva di vedersi ridurre i trattamenti, ovviamente, mette in ansia le fasce sociali elevate. «Apprendiamo che le pensioni medio-alte sono diventate un simbolo, un criterio di discriminazione sociale che va perseguito e, se possibile, rimosso: categoria più temibile, evidentemente, degli evasori fiscali che sottraggono alle casse dello Stato 130 mila miliardi, per un mancato gettito di 30 miliardi l'anno» ha polemizzato Giorgio Ambrogioni.
Il presidente della Cida, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, ha comunque voluto fare un distinguo tra la posizione del leader leghista «certamente più congrua delle posizioni estremiste ed ideologizzate espresse recentemente dal vicepremier Di Maio».
Secondo Ambrogioni, «si diffonde la spiacevole sensazione di essere considerati dei simboli negativi, dei capri espiatori da sacrificare su un simulacro di altare della legalità e della giustizia sociale». Una percezione peraltro assai diffusa e che va estendendosi nella popolazione. «Evidentemente - ha concluso Ambrogioni - aver lavorato tutta una vita con posizioni di responsabilità, aver versato pesanti contributi previdenziali e aver contribuito alla costruzione di un Paese più moderno e competitivo, sono valutazioni che non suscitano appeal politico in questa fase storica».
Michele Di Branco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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