Aiuti contro il virus, intesa solo sul rinvio Ultimatum di Conte

Venerdì 27 Marzo 2020
IL VERTICE
BRUXELLES Non è stato uno scontro su tutta la linea ma solo su una parte, tuttavia una parte molto importante, strategica, della risposta europea alla crisi del secolo. E così i 27 leader hanno discusso per ore per videoconferenza, riuscendo alla fine solo a trovare un simulacro di accordo. Con il premier Conte e lo spagnolo Sanchez che hanno respinto la bozza di conclusioni del Consiglio europeo, giudicata «deludente e insufficiente» e chiesto di ricominciare da capo, affidando ai 5 presidenti Ue (Commissione, Consiglio, Eurogruppo, Bce e Parlamento) il compito di definire entro 10 giorni nuove proposte all'altezza della gravità del momento. «Dieci giorni per battere un colpo». Insomma alla fine è stato trovato un compromesso. Che però sembra solo spostare la discussione un po' avanti, non superando le divergenze sulla sostanza. Su una delle due questioni fondamentali, le condizioni dei prestiti agli stati da parte del Meccanismo europeo di stabilità, il Consiglio europeo «prende nota del progresso compiuto dall'Eurogruppo» che viene invitato «a presentare proposte entro due settimane». Risposte che «devono tenere in considerazione la natura senza precedenti dello choc covid-19 che colpisce tutti i paesi e saranno rafforzate, se necessario, con ulteriori azioni in modo inclusivo, alla luce degli sviluppi, al fine di fornire una risposta globale». Inoltre, viene indicato che va definita una strategia per tornare alla normalità una volta superata la crisi sanitaria perché ciò avvenga con «una strategia coordinata, un piano di ripresa complessivo e investimenti senza precedenti». Su questo lavoreranno i presidenti di Commissione e Consiglio in consultazione con altre istituzioni e in particolare con la presidente della Bce.
LE QUESTIONI
Sul tavolo c'erano due questioni molto calde, divisive, una più calda dell'altra. La prima è il ricorso al Meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva-stati, per calmare i mercati che a un certo punto potrebbero reagire male contro qualche stato particolarmente esposto a causa dell'aumento dei debiti pubblici: chi ce l'ha già molto alto, è il caso dell'Italia, rischia grosso. La seconda questione riguarda il coronabond, l'emissione di una obbligazione comune da parte di una istituzione Ue (probabilmente la Banca europea degli investimenti), una operazione finanziaria di volume consistente che scarichi la pressione sui bilanci nazionali e dia il messaggio anche simbolico che la tenuta della zona euro e della Ue è su tutti i lati della crisi: sanitario, economico e finanziario. Adesso e dopo.
Si è capito fin dalle prime battute che era tutto in salita. La lettera dei 9 leader con la quale è stata messa sul tavolo l'idea di coronabond ha scompaginato i programmi ed era stata derubricata a «normalità» dal fronte del Nord, respinta praticamente in radice anche da Berlino (ma non è una novità). I responsabili politici di Italia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Lussemburgo e Irlanda l'hanno difesa. Ora l'obiettivo per i 5 presidenti Ue è trovare «una soluzione adeguata alla grave emergenza che tutti i paesi stanno vivendo».
Non c'è un problema italiano, ha sottolineato invece il premier: «Nessuno pensa a una mutualizzazione del debito: ciascun paese continuerà a rispondere per il proprio, in ogni caso l'Italia ha le carte in regola». L'idea è che «si deve reagire con strumenti finanziari innovativi e adeguati a una guerra che dobbiamo combattere insieme, c'è uno choc imprevedibile e simmetrico di portata epocale», ha proseguito Conte. E la conclusione: «Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati (diretti al singolo paese ndr) elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l'Italia non ne ha bisogno».
Antonio Pollio Salimbeni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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