L'hanno chiamata Apartheid sanitaria, un termine preso in prestito dalle discriminazioni tra bianchi e neri, che in questo caso indica una presunta discriminazione tra chi possiede il green pass e chi no. A coniarlo sono stati tredici parlamentari portando all'attenzione del ministro della Salute Roberto Speranza il caso della giovane mamma di Aprilia Adriana Tanoni, morta a 28 anni lo scorso 20 gennaio al policlinico Umberto I come conseguenza del Covid e dei presunti ritardi nei soccorsi, legati proprio al fatto che la donna non aveva la certificazione verde da vaccino.
L'interrogazione è stata pubblicata lo scorso 21 aprile e non ha ancora ricevuto risposta scritta, così come chiesto dai deputati firmatari, primo tra tutti il parlamentare pontino Raffaele Trano.
La giovane Adriana aveva partorito appena 7 giorni prima un bambino, ma l'ultimo periodo di gravidanza sarebbe stato costellato da prestazioni sanitarie rese in modalità quantomeno discutibili, spiegano i deputati nell'atto di sindacato ispettivo, che riaccende i riflettori su un fatto di cronaca su cui non è stata ancora fatta chiarezza.
Secondo quanto sostenuto in una denuncia dai genitori, precedentemente le sarebbe stato negato il ricovero sia presso lo stesso Umberto I che presso l'ospedale dei Castelli, e l'unica assistenza da parte di paramedici le sarebbe stata prestata in giardino. Nell'interrogazione si chiede al ministro di adottare iniziative per verificare, tramite l'invio di ispettori, il rispetto dei protocolli ministeriali previsti e se, considerando le presunte scelte discriminatorie lamentate da soggetti non in possesso di green pass, non ritenga di promuovere un'indagine ministeriale su tutto il territorio nazionale per sincerarsi che non si stiano verificando casi di apartheid sanitaria. In una lettera inviata al presidente della Repubblica, il legale della famiglia Tanoni, l'avvocato Sebastiano Russo, aveva anche sollevato il timore che le indagini avviate a seguito della denuncia presentata dai famigliari della vittima, possano essere anzitempo archiviate. La procura di Roma ha infatti trasferito il fascicolo a Latina, che a sua volta l'ha restituito al mittente senza aver neppure acquisito le informazioni dei familiari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout