Infrastrutture, la grande corsa al business delle colonnine

Mercoledì 14 Ottobre 2020 di Nicola Desiderio
Infrastrutture, la grande corsa al business delle colonnine

Fatta lauto elettrica, bisogna fare la rete di ricarica.

Parafrasando una famosa frase attribuita a Massimo D’Azeglio, è questo uno dei nodi centrali delle mobilità del domani perché i modelli ci sono, si stanno moltiplicando e ci sono anche incentivi robusti per acquistarli, ma lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica segna ancora il passo. Secondo lo European Alternative Fuel Observatory (Eafo), in Italia ci sono 13.176 punti di ricarica con un rapporto di 1 a 4 con il circolante contro un dato medio Ue di 1 a 7. In numeri assoluti siamo però indietro ad altri Paesi. La Germania è a quota 43.776, la Francia a 26.965, ma il dato più clamoroso è quello dell’Olanda: 61.534. Sono 195mila i punti di ricarica nei Paesi UE – 248.849 punti di ricarica calcolando anche la Turchia, i Paesi dell’Efta e il Regno Unito – e le previsioni di Transport&Environment vedono 1,3 milioni di punti di ricarica entro il 2025 per salire alla fine del decennio a 2,9 milioni, oltre 300mila solo nel nostro Paese.

IL PRIMO PASSO

 Il lavoro da fare dunque è immenso e un primo passo è costituito dal decreto Semplificazioni approvato dal Governo durante l’estate e che mette in campo regole più semplici per avere almeno 1 colonnina ogni mille abitanti, dunque 60mila in tutto. Solo Enel X si è impegnata ad investire nel nostro Paese 300 milioni di euro per impiantare entro il 2022 28mila punti di ricarica. Il decreto tratta anche altri punti nodali come la programmazione da parte dei comuni, l’alleggerimento burocratico per gli operatori e la chiarezza sulle tariffe per il cliente con l’avvertenza che il costo dell’energia non sia superiore a quello per i clienti domestici. Oggi invece ogni kWh erogato dalle colonnine normali (da 7 a 22 kW) costa 0,40-0,45 euro, circa il doppio delle utenze domestiche. Si sale invece ad almeno 0,50 euro per la ricarica veloce (50 kW) e ancora di più per quelle ultraveloci (da 100 a 350 kW). Il decreto parla anche delle colonnine in autostrada le quali, per forza di cose, dovranno offrire una ricarica rapida. Statisticamente, nella UE il rapporto tra colonnine normali e rapide è di 1 a 10. In Italia siamo 1 a 13. Discorso a parte vale per Tesla e la sua rete dedicata di Superchargers da quasi 2mila stazioni in Europa per 17.467 spine con potenze che arrivano a 250 kW e la possibilità di programmare nel minimo dettaglio ogni viaggio, a 30 centesimi al kWh. Le prime stazioni pubbliche ultrarapide (fino a 350 kW) in Italia sono quelle di Ionity, il consorzio formato da alcune case (gruppo Bmw, Ford, Daimler, Volkswagen, Audi e Porsche) e altre aziende, tra cui Enel X ed Eni, per costruire 400 stazioni in tutta Europa. Siamo a 284, 11 in Italia delle quali solo 3 in autostrada: due sulla A10 e una sulla A12. Troppo poco per una rete come la nostra da quasi 7mila chilometri. Autostrade per l’Italia ha un piano pilota per 44 stazioni e c’è da sperare che le compagnie petrolifere si muovano presto, anche perché hanno già fiutato il business diventando promotrici della mobilità elettrica, alcune intenzionate a diventare addirittura carbon neutral entro il 2050.

FORNITORI

 Shell ha acquisito NewMotion, uno dei più grandi operatori europei (oltre 30mila punti) mentre BP ha acquisito Charge Master (7mila stazioni) il più grande network britannico. Oltremanica si è mossa anche la Total che si è presa dal gruppo Bollorè i 1.600 punti della Blue Point London e ha piani davvero poderosi: investire un miliardo di dollari nella mobilità elettrica per avere 125mila stazioni di ricarica entro il 2025 in tutto il mondo con le quali servire 9 milioni di clienti erogando 80 TWh, 50 dei quali autoprodotti. Nel 2030 il 15% del fatturato del colosso francese riguarderà gli elettroni contro il 30% di carburanti dal petrolio. L’obiettivo è chiaro: diversificare il business, far contare il potere dei brand e dei punti di distribuzione piazzando le colonnine accanto alle pompe e offrire servizi di pagamento integrati con le attuali schede carburante. Le società energetiche stanno rispondendo con una strategia fondata invece sul cosiddetto e-roaming, ovvero sulla possibilità di poter utilizzare una sola app per accedere alle reti di ricarica di più operatori pagando una tariffa unica e certa su tutto il territorio europeo. Un concetto dunque di interoperabilità simile a quello delle compagnie telefoniche. In questo modo Enel X, che ha circa 11mila punti di ricarica in Italia, riesce a moltiplicarli per 5 in UE raggiungendo quota 130mila nel resto d’Europa e per il 2022 punta a quota 736mila grazie ad Hubject, che conta 767 operatori e 250mila stazioni di ricarica su 43 Paesi e 2 continenti. Tra gli azionisti ci sono, ancora una volta, Bmw, Daimler, Volkswagen ed Enel X insieme a Bosch, Siemens, Innogy e EnBw. Tecnicamente si tratta di un marketplace B2B, ovvero di una piattaforma che permette di acquistare servizi di ricarica da parte di aziende che possono poi proporli ai loro clienti. Tra queste ci sono le case automobilistiche e le società di noleggio che offrono così una rete di ricarica estesa a proprio nome, ma con costi più convenienti (circa 0,30 euro al kWh). Anche in questo caso si mette in campo il potere del brand e della distribuzione, tramite le reti di vendita. I concessionari Nissan, ad esempio, sono dotati tutti di ricarica rapida a 0,35 euro al kWh per i loro clienti.

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Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre, 07:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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