Donne, dalla parità di stipendio al fondo per le aziende: i progetti non mancano ma ora serve realizzarli

Mercoledì 28 Ottobre 2020 di Alessandra Camilletti
Donne, dalla parità di stipendio al fondo per le aziende: i progetti non mancano ma ora serve realizzarli

Empowerment è la parola chiave. Occupazione femminile certo sì, ma non solo. Anche crescita personale e professionale, consapevolezza delle proprie capacità. Il Recovery Plan italiano, declinazione donna, parte proprio da qui, dall’empowerment femminile, in termini di «formazione, occupabilità ed autoimprenditorialità», recitano le Linee guida del governo.

Sui singoli progetti però non ci sono decisioni prese, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza potrà essere presentato ufficialmente alla Commissione europea nel 2021. Né si sa, al momento, quanta parte dei 209 miliardi di euro che spettano all’Italia verranno destinati agli interventi in materia di gender gap o se e come verrà previsto un progetto-donna. Anche se la Risoluzione approvata dalla Camera il 13 ottobre impegna il Governo a «promuovere efficacemente l’occupazione femminile impiegando una parte cospicua delle risorse disponibili e valutando in sede di progettazione e monitoraggio l’impatto di genere di tutti i progetti». Intanto, per orientarsi si possono rimettere in fila le carte già sul tavolo.

Il punto di partenza sono proprio le Linee guida di Palazzo Chigi, che dovranno poi tradursi in progetti, perché la filosofia del Piano non resti una dichiarazione di intenti ma si traduca in fatti concreti. L’obiettivo dichiarato è favorire il «reinserimento nel mondo del lavoro di categorie fragili (sia con misure fiscali che con investimenti “sulla cura”)» e incentivare le «capacità imprenditoriali», anche con un Fondo per le micro e piccole imprese femminili. Si punta a recuperare quel 10 per cento di differenza sul livello di occupazione femminile che c’è tra Italia ed Europa. E a riequilibrare il gender pay gap. Ci si riuscirà? E ancora, si legge: «L’indipendenza economica costituirà anche il pilastro per sostenere le donne vittime di violenza», e per questo si annunciano misure mirate come il “microcredito di libertà”. La formazione punta dritto sulle Stem. L’idea è spingere lo studio delle discipline scientifico-tecnologiche e delle materie finanziarie «per bambine e ragazze», così da «abbattere alcuni stereotipi di genere, promuovendo l’accesso a carriere maggiormente qualificate e remunerative in linea con la transizione digitale e green».

LA TRASVERSALITÀ

Le Linee guida contemplano il capitolo parità nella mission “Equità sociale, di genere e territoriale”, con passaggi anche su “Riforma del Fisco” e “Riforma del lavoro”, in un percorso trasversale. Un esempio: la partecipazione femminile al mercato del lavoro con il potenziamento dell’assistenza all’infanzia. Si prevede un meccanismo di controllo, la “valutazione di impatto sul genere”, per verificare l’effettiva realizzazione degli interventi. Sempre stando alle carte, la riforma fiscale riparte dal Family Act già varato e – tra i suoi obiettivi – punta a promuovere la parità di genere all’interno dei nuclei familiari, proprio favorendo l’occupazione giovanile, in particolare nel Mezzogiorno. Per i genitori che lavorano si prevedono «modalità flessibili di impiego», con l’aiuto di «servizi adeguati che sollevino in parte la madre e il padre dagli oneri connessi con la cura dei figli» e allo stesso tempo «consentano a entrambi di realizzarsi professionalmente». Ecco allora le previsioni per la riforma del lavoro, che fa seguito anche alla pandemia da Covid-19. Smart working insegna. Si punta a favorire percorsi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro e la flessibilità oraria, per «bilanciare le esigenze produttive dell’impresa con i bisogni di conciliazione dei lavoratori e delle lavoratrici, evitando disuguaglianze di genere».

LA PRIMISSIMA LISTA

A settembre, ad una primissima ricognizione, era stato stilato un elenco di 557 progetti possibili, per lo più proposti dai ministeri, in tutte le materie di azione del Recovery. A conti fatti, però, valgono più del triplo dei fondi che l’Italia potrà ottenere. Inoltre, si calcola che al dunque saranno un centinaio i progetti che arriveranno a Bruxelles. Il lungo elenco dovrà essere a dir poco sfoltito. E sarà dunque da vedere che cosa, all’atto pratico, nel Piano ci sarà. Che cosa conteneva? Una ventina gli interventi singoli dedicati alle donne, diretti o indiretti. Si torna a monte: il progetto più consistente in termini economici riguarda proprio i percorsi dell’empowerment femminile, con 4,2 miliardi di euro in sette anni. Azioni in serie per aumentare l’occupazione con incentivi all’assunzione, per incrementare la permanenza delle lavoratrici nel mercato del lavoro con incentivi al rientro dalla maternità, il contrasto al part-time involontario. E ancora, percorsi di ingresso fondati sulle competenze Stem (direzione cui puntano più progetti, per una formazione già da bambine). Si spunta a promuovere una maggiore condivisione delle responsabilità tra genitori, anche con il rafforzamento dei servizi socioeducativi per la prima infanzia (nidi, micronidi e servizi integrativi) e di servizi long-term care. Per diminuire in maniera strutturale il gender pay gap si pensa a incentivi sul salario di produttività che portino alle imprese indici di produttività del lavoro gender oriented. Un più complessivo piano sul lavoro da 10 miliardi per la ripresa post Covid prevede poi interventi che tengano conto del diverso impatto della crisi in chiave territoriale, di genere e sui giovani. Borse di studio con quote rosa si pensano in materia di competenze digitali. A scorrere l’elenco, si trova – con 3 milioni – l’attivazione della valutazione dell’impatto di genere dell’intero Piano (un punto cardine delle Linee guida). Si prevede un Fondo imprenditoriale femminile per un miliardo di euro, promosso dal Mise, e sul tema sono indicati altri progetti dello stesso dicastero e del ministero Pari opportunità. Per l’empowerment economico delle donne vittime di violenza figura un progetto da 10 milioni. Con l’occhio alla trasversalità, quasi 3 miliardi in cinque anni sono in un piano per cofinanziare lo sviluppo dei servizi educativi per la prima infanzia, per favorire la conciliazione famiglia-lavoro. In un recente incontro tra “Giusto Mezzo” e il ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola, l’associazione alcune priorità le ha indicate, guardando alla concretezza quotidiana. Dal sostegno alle attività di cura attraverso il supporto all’infanzia (nidi e tempo pieno non con bonus ma con offerta diffusa), all’assistenza ai disabili e alla terza età, dagli incentivi all’occupazione delle donne ad una legge sulla parità salariale, congedi di paternità obbligatori a tre mesi e rimborso dei costi che le imprese pagano per maternità e paternità. Ora, quali progetti passeranno il turno? Domanda tutt’altro che oziosa.

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Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 07:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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