Intrigo internazionale per la tela di Jacopo Bassano. Il Tar: «Torni in Italia»

Giovedì 1 Settembre 2022 di Angela Pederiva
Intrigo internazionale per la tela di Jacopo Bassano. Il Tar: «Torni in Italia»
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BASSANO DEL GRAPPA - C'è un intrigo internazionale dietro la clamorosa cessione del capolavoro rinascimentale di Jacopo Bassano, commissionato nel 1554 dal patrizio veneziano Domenico Priuli. A svelarlo è la sentenza, pubblicata in questi giorni, con cui il Tar del Lazio respinge i due ricorsi degli ultimi proprietari del dipinto conosciuto come Il miracolo delle quaglie o La raccolta delle coturnici, annoverato fra le opere più pregiate del pittore veneto e acquistato lo scorso anno dal Getty Museum di Los Angeles.

I giudici danno ragione al ministero della Cultura, che ha annullato in autotutela il certificato di libera circolazione della tela e ne ha disposto il rientro in Italia dopo le polemiche per l'autorizzazione all'espatrio, affermando che il permesso era stato rilasciato sulla base di un errore di valutazione dovuto a «omissioni e/o dati non corrispondenti al vero».


L'ACQUISTO
Nell'ottobre del 2021 il museo americano aveva annunciato l'acquisto del quadro dagli eredi dell'antiquario fiorentino Vittorio Frascione, il quale l'aveva gelosamente custodito per quasi sessant'anni senza mai consentirne l'esposizione. Un post dello storico dell'arte Lorenzo Barbato aveva sollevato il caso: «Com'è stato possibile che gli enti predisposti alla tutela del patrimonio artistico non siano intervenuti a impedire l'esportazione di un'opera di tale rilievo?». La vicenda era stata oggetto anche di un'interrogazione parlamentare al ministro Dario Franceschini, dopodiché non se n'era saputo più nulla. Ora il verdetto del Tribunale amministrativo regionale racconta cos'è successo in seguito. Il 21 gennaio di quest'anno il dicastero ha revocato l'attestato rilasciato nel 2018 dall'Ufficio esportazione di Pisa e ha incaricato i carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale di Roma di riportarlo in Italia. Inoltre il 22 marzo è stato avviato il procedimento per la dichiarazione di interesse culturale dell'opera.


LE CONDIZIONI
L'istituzione ha spiegato che il via libera alla partenza era stato erroneamente dato sulla base di un'istruttoria «insufficiente e fuorviante», in quanto il dipinto era stato presentato «in condizioni conservative non buone, sporco e con una patina», come risultava pure «dalla peraltro pessima fotografia allegata all'istanza», al punto da indurre la commissione «a ribassare il valore economico» a 70.000 euro rispetto ai 120.000 denunciati (cifra comunque nettamente inferiore ai 9 milioni di dollari battuti nel 2014 da Christie's per L'adorazione dei pastori di Bassano). Inoltre il Mic ha precisato che il proprietario dell'epoca aveva genericamente indicato la tela come Soggetto biblico, anziché citarne il titolo, il che avrebbe contribuito ad occultarne «il pregio e l'eccezionale valore storico-artistico» agli occhi dei valutatori.


I RICORSI
Il dipinto però si trova tuttora negli Stati Uniti. Sia l'erede di Frascione che il Getty Museum, infatti, hanno impugnato i provvedimenti ministeriali. Da una parte il venditore ha sostenuto che l'Italia custodisce «la più alta concentrazione al mondo di opere del Bassano, visibili anche in numerose collezioni pubbliche», per cui l'espatrio di questo capolavoro non determinerebbe «alcun pregiudizio per il patrimonio culturale nazionale». Dall'altra l'acquirente ha puntualizzato che i carabinieri non avrebbero potere oltre confine, «soprattutto in mancanza di accertamento circa l'illiceità della condotta» rispetto ad un'opera che adesso «si trova all'estero» ed è «di proprietà di un soggetto straniero».


LE MOTIVAZIONI
Per il Tar, invece, «l'annullamento dell'attestato rende contraria a diritto la permanenza all'estero del bene e, come tale, comporta l'obbligo di rientro», in quanto si tratta di «un'opera di straordinario pregio artistico, appartenente al patrimonio culturale della Nazione e che è uscita illegittimamente dal territorio italiano». Com'è stato possibile? I giudici evidenziano il ruolo del venditore: «L'atteggiamento complessivamente reticente da questi tenuto in sede di richiesta dell'attestato, certamente colposo se non preordinato ad approfittarsi della scarsa conoscenza del dipinto da parte degli esperti ha contribuito, in modo determinante, all'errore valutativo in cui è incorsa l'amministrazione nel non accorgersi che si stava trattando del dipinto successivamente trasferito». Dopo cinque secoli, la storia continua, anche perché la sentenza potrà essere appellata in Consiglio di Stato.
 

Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 10:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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