Quelle vite incise nella pietra: l'arte dello scalpellino, in un libro la storia di 200 famiglie e le opere immortali

Un'associazione e un libro rendono omaggio alle "dinastie" che hanno dato dignità ad un mestiere faticosissimo realizzando capolavori come le statue dell'Ala Napoleonica di Venezia o la basilica di santa Teresa di Lisieux

Sabato 1 Aprile 2023 di Giovanni Carraro
Quelle vite incise nella pietra: l'arte dello scalpellino, in un libro la storia di 200 famiglie e le opere immortali

Scalpellini, storie di cave polverose popolate da operai intenti a spaccare la pietra con la forza delle braccia. Un lavoro vecchio quanto il mondo, sporco e faticoso, di retroguardia, che dall'epoca delle piramidi egiziane ha attraversato il Rinascimento arrivando ai giorni nostri. In realtà dietro all'opera dello scalpellino vi sono la vena artistica, la creatività, la tecnica, lo spirito imprenditoriale che hanno trasformato un lavoro di manovalanza in arte. A Pove del Grappa, piccolo comune adagiato sulle pendici collinari sudoccidentali del Monte Grappa, sul confine della provincia di Vicenza, il lavoro dello scalpellino si è tramandato per più di quattro secoli passando di padre in figlio grazie ad autentiche dinastie di artigiani, come gli Andolfatto, i Bosa, i Caron, i Cavallin, i Donazzan, i Fusaro, i Marcadella, i Murari, gli Zanchetta.


ABILITÀ
Artisti della pietra più che operai, la cui abilità era quella di dar forma alla roccia estratta dalle cave limitrofe seguendo i disegni e i modelli in gesso per realizzare capitelli, colonne, lapidi, altari e statue. Dalle botteghe uscivano capolavori che abbellivano ville, palazzi e chiese dapprima nel Veneto, successivamente in tutta Europa. Tra i lavori più importanti che impegnarono gli scalpellini povesi, si ricordano le statue dell'Ala Napoleonica a Venezia, le colonne del Tempio Canoviano di Possagno, la statua del Da Ponte a Bassano, gli ossari di Cima Grappa e di Asiago, la tomba di Eleonora Duse. All'estero, la basilica di Santa Teresa a Lisieux in Francia, il monumento alla regina Elisabetta in Germania e il palazzo del Governo a Berlino. In tempi più recenti l'enorme gioco degli scacchi in marmo bianco "Play It By Trust" commissionato da Yoko Ono, moglie di John Lennon. I mutamenti sociali e tecnologici hanno progressivamente segnato il declino di questo antico mestiere che tuttavia resta ancora attivo in paese grazie a due produttori locali. La creatività e la storia di questi abili artigiani di Pove del Grappa sono raccontati nel Museo dello Scalpellino fondato nel 1985 a cui si è aggiunta l'Associazione Amici dell'Arte Lapidea per ricordare una tradizione che parla orgogliosamente di marmo e martello.


TECNICHE RAFFINATE
Gli scalpellini di Pove del Grappa operavano già nel Cinquecento grazie ad una pietra di grande pregio che fu molto apprezzata dalle botteghe del bassanese, il "Biancon de Poe", che molto assomigliava al marmo di Carrara.

Vi erano altre tipologie di pietra di diverse tonalità cromatiche come il Corsoduro, il Macion il Guaregno, il Verdello e il Giallognolo, estratte nelle vicine cave del Monte Gusella. Nell'Ottocento l'attività raggiunse il massimo sviluppo con la presenza in paese di numerosi cavadori, lustradori e tagliapietra appartenenti alle citate dinastie di artigiani conosciute in tutta Europa. Il lavoro dello scalpellino era durissimo, dall'alba al tramonto gli artigiani erano impegnati nel distacco della massa rocciosa con ingegnose metodologie per poi trasportarle a fondovalle mediante slitte di legno, carri trainati da buoi o scivoli. Nei laboratori si procedeva alla sgrezzatura, squadratura e rifinitura con specifici attrezzi da lavoro per ottenere il prodotto finito destinato alle lavorazioni artistiche.


L'ASSOCIAZIONE
L'associazione Amici dell'Arte Lapidea nasce a Pove del Grappa nel luglio 2021 per iniziativa di un gruppo di appassionati riuniti dalla presidente Nicla Donazzan discendente di quinta generazione di una storica famiglia di Pove dedita alla lavorazione del marmo. L'obiettivo è quello di mantenere viva la conoscenza di un'attività secolare esistita a Pove che ne è diventata elemento distintivo. Suo il volume "Una storia incisa nella pietra" pubblicato come omaggio alle oltre duecento famiglie di scalpellini che si sono succedute fino ai giorni nostri. «Il Museo dello Scalpellino è stato voluto fortemente dai povesi come prezioso ritratto di famiglia, a ricordo dell'atmosfera che vivevamo da ragazzi quando tra le viuzze del paese risuonava l'incessante battito del martello sulla pietra», sostiene la presidente Donazzan.
«Nel museo sono raccolti gli attrezzi del mestiere insieme a disegni, progetti e tante foto d'epoca di artigiani e opere realizzate. Sappiamo che la pietra dura nel tempo, ma non è così per la nostra memoria, per questo diventa un obbligo per noi onorare la vita difficile di tanti artisti dello scalpello, tra cui mio padre Lorenzo Donazzan che, reduce dalla Grande Guerra, si laureò all'Accademia delle Belle Arti di Venezia diventando scultore nell'azienda di famiglia fondata nel 1815».


ARTISTI FAMOSI
Tra gli scalpellini di Pove che si distinsero grazie alle loro innate capacità artistiche, si ricordano Giovanni Fusaro (1848-1913), Pietro Longo (1829-1917) e Aldo Caron (1919-2006). Il più famoso è stato sicuramente Antonio Bosa ad onore del quale nel 1985 è stato intitolato il Museo dello Scalpellino. Nato a Pove del Grappa il 23 ottobre 1777, frequentò la scuola di scultura dell'Accademia Farsetti a Venezia, dimostrando fin da subito le proprie abilità. Venne chiamato a Trieste appena diciannovenne per decorare importanti edifici pubblici con statue e bassorilievi di impronta neoclassica.


14 STATUE
A Venezia fornì quattordici statue di imperatori e dodici di divinità mitologiche per abbellire l'Ala Napoleonica di piazza San Marco. Scolpì importanti monumenti funebri e numerose statue devozionali, tra cui la Madonna col Bambino della chiesa dei Gesuati, ritenuta il suo capolavoro veneziano. Fu apprezzato professore di scultura presso l'Accademia di Venezia, città nella quale morì il 13 luglio 1849. Fu fedele seguace del Canova, da cui assimilò i principi del neoclassicismo riuscendo a trasferire nelle proprie opere i concetti di bellezza e armonia. Del Bosa è il ritratto di Canova nel mausoleo dei Frari.
 

Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 09:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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