Parte dal Veneto la mostra dedicata a Paolo Rossi "Un ragazzo d'oro"

Mercoledì 15 Dicembre 2021 di Angela Pederiva
La moglie Federica e il figlio Alessandro con i cimeli

VENEZIA - L'ultima uscita pubblica di Paolo Rossi, per la presentazione della sua autobiografia, avvenne il 18 febbraio 2020 a Palazzo Ferro Fini. È qui che torna a vivere lo spirito di paolorossi, scritto tutto attaccato come il marchio di un'epoca, con la maglia azzurra numero 20 e gli altri cimeli del 1982: la coppa del Mondo, lo scarpino, il pallone d'oro. Come questo che, canta Antonello Venditti nella colonna sonora del video emozionale, «era un ragazzo come noi». Un ragazzo d'oro è la mostra itinerante che, dal 21 dicembre al 6 gennaio, debutterà al centro culturale San Gaetano di Padova: «Un'esposizione itinerante che girerà l'Italia per unirla, come ha fatto Paolo nella sua vita di sportivo e di uomo», dicono la moglie Federica Cappelletti e il figlio Alessandro Rossi, auspicando che i tifosi di Roma e Lazio «sappiano andare oltre le divisioni e accolgano la proposta di intitolare a lui lo stadio Olimpico».


LA COMMOZIONE

A un anno dalla scomparsa dell'ex calciatore, la commozione è palpabile. «Non possiamo dimenticarne la gentilezza, l'affabilità, la pazienza», ricorda il presidente dell'assemblea legislativa Roberto Ciambetti, ripensando a quella mattinata a Venezia in cui nessuno poteva immaginare che di lì a poco sarebbe cambiato tutto.

Tre giorni dopo, lo scoppio dell'emergenza Covid. E poi, al rientro da una vacanza alle Maldive per San Valentino in cui Paolo e Federica avevano rinnovato le promesse nuziali, le prime avvisaglie della malattia che il 9 dicembre 2020 non gli ha dato scampo. «È sempre stato il mio super-eroe, fin da quando ero un bambino e alla domenica non perdevo una partita del Vicenza», confida il consigliere regionale Luciano Sandonà. All'epoca si affacciava al professionismo Diego Bonavina, già capitano del Padova dove ora è assessore: «Nelle tre partite di qualificazione al Mondiale, confesso che il mio idolo era Spillo Altobelli e non capivo perché Enzo Bearzot si ostinasse a far giocare Ciccio Graziani e Pablito Rossi. Ma aveva ragione il mister a credere in quello che è stato non solo un grandissimo bomber, ma anche l'unico giocatore che è riuscito a unire gli italiani senza venire mai contestato da nessuna tifoseria avversaria».


LA DEDICA

Lo sfregio rischia di consumarsi adesso, con la resistenze di alcune frange della curva giallorossa e di quella biancoceleste, contrarie alla dedica dello stadio di Roma al campione del Mundial. Sostenuta dai presidenti di Fifa e Figc, Gianni Infantino e Gabriele Gravina, la candidatura di Rossi si è tradotta in un progetto di legge presentato dal deputato berico Pirantonio Zanettin insieme a una decina di colleghi veneti. «Le ultime volontà di mio marito confida la vedova sono state chiare: Vorrei essere ricordato con le braccia alzate al cielo e la maglia della Nazionale. Era uno che univa, non che divideva. Ci piacerebbe che lo capissero quei tifosi che si oppongono a questa iniziativa per ragioni territoriali. Paolo non deve essere strumentalizzato, se fosse ancora tra noi non gradirebbe dualismi». «Papà non deve entrare in questa discussione concorda il primogenito Alessandro perché non può esserci una spaccatura tra Paolo Rossi e il resto d'Italia».


L'EVENTO

Proprio a rinsaldare la ricucitura del Paese, operata dagli eroi di Spagna 82, mira l'evento promosso da Paolo Rossi Foundation e World Camp International con la collaborazione di Whitebox. «Non sarà solo un'esposizione di cimeli sottolinea la curatrice Sharon Ritossa ma un racconto sportivo e umano, dall'esordio al lascito, fra spezzoni di vittorie calcistiche e scene di vita privata. Le chicche? Due interviste a Diego Armando Maradona e a Pelè, le numerose lettere dei sostenitori, la realtà virtuale che permetterà di vedere la tripletta di Italia-Brasile da tre punti di vista differenti, dando allo spettatore la sensazione di trovarsi in campo». E poi il filmato, proiettato in anteprima in Consiglio regionale, che si conclude con il messaggio delle figliolette Sofia Elena e Maria Vittoria: «Il nostro papà ci ha insegnato che dobbiamo andare avanti sempre, qualsiasi cosa succeda».


IL LIBRO

È lo spirito con cui Federica Cappelletti ha appena pubblicato il libro Per sempre noi due (Rizzoli). «Il volume spiega racconta il nostro sentimento, i tanti momenti belli che abbiamo vissuto assieme, ma anche i nove mesi intrisi di dolore, il nostro mondiale che non siamo riusciti a vincere. Ho pianto tanto scrivendo, ma ho voluto mantenere una promessa fatta a mio marito: fare di tutto per non disperdere il nostro amore. Di lui mi mancano la generosità, l'intelligenza, il sorriso. Mi resta un grande vuoto, ma anche il conforto di Antonio Cabrini, Marco Tardelli e dei suoi compagni azzurri, un gruppo che è diventato una famiglia. Anche per me: sono entrata di diritto nella loro chat su WhatsApp...».

Ultimo aggiornamento: 17:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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