Originaria di Marostica è tra le protagoniste de “La seconda via” del regista Alessandro Garilli che esce oggi nelle sale italiane. «Ora mi piacerebbe dedicarmi a un action movie a Hollywood».
Dall'altipiano di Asiago a Milano, dalle piste di sci nordico a Hollywood. La parabola sportiva prima e artistica poi di Melania Dalla Costa ha le stimmate della tenacia e del talento. Classe 1988, nata a Marostica e però cresciuta a Enego, l'attrice è fra i protagonisti del film La seconda via del regista Alessandro Garilli, ambientato durante la seconda guerra mondiale.
Dalla Costa, quando ha scoperto la recitazione?
«Alle scuole medie facevo laboratori del teatro e recitavo. Ricordo che il mio primo ruolo è stato quello della Primavera nell'allestimento delle Quattro Stagioni da Vivaldi».
Ci è voluto però qualche anno per arrivare a recitare
«Per dieci anni sono stata un'atleta a tempo pieno e ho dovuto accantonare il sogno di recitare. Le mie giornate erano dedicate totalmente allo sport, perché dopo la scuola mi allenavo e sono stata nella squadra azzurra di Sci nordico. Eppure a scuola continuavo a frequentare i laboratori di recitazione».
Quando è tornata alla passione per la recitazione?
«A 19 mi sono trasferita a Milano per lavorare nella moda, ma la carriera da modella non mi rendeva felice. Mi sentivo bloccata. Allora son tornata alle scuole di teatro, frequentando quelle che potevano aprire sbocchi internazionali. Mi sono poi trasferita a Roma per frequentare il Conservatorio teatrale di Roma».
E sono iniziate le occasioni?
«Sono stata presa per Un posto al sole e anche per Immaturi -la serie. Ho però continuato a teatro con i migliori coach, viaggiando tra l'Italia e Los Angeles. E poi ho imparato a collegare ad ogni personaggio un brano musicale, per concentrarmi sul set dove ci sono molte persone e non è facile concentrarsi».
È accaduto anche per il ruolo di Marie?
«Quando entra in scena c'è un pezzo di Debussy e quindi non ho dovuto trovare la musica».
Perché ha scelto di partecipare a questo progetto dedicato alla guerra?
«Ho voluto appoggiare questo progetto come attrice, ma anche come attivista, perché vedo un ruolo importante delle donne come portatrici di pace. I sei alpini in ritirata nel terribile inverno russo soffrono e si aggrappano alla vita ripensando alle famiglie lontane. Ed è una scelta forte presentare un progetto sulla guerra, mentre ancora si combatte in molte zone del mondo».
Qual è il suo legame con la terra in cui è cresciuta?
«È fortissimo. Ci torno una volta al mese. Le montagne mi danno forza e quando mi trovo in un momento difficile o di fronte a scelte importanti salgo sulle mie cime. E tra neve e cielo azzurro trovo un'energia indescrivibile».
È soddisfatta della sua carriera oggi?
«Sì, ma vorrei affacciarmi su progetti internazionali. Vorrei tornare a Los Angeles e sogno di arrivare a Hollywood. Vorrei lavorare in un action movie o in un film importante, come una eroina forte. Da sceneggiatrice ho scritto un fantasy d'azione, The golden blood, in uscita come libro e anche la sceneggiatura, che spero possa diventare un film».