VALBRENTA (VICENZA) - Hanno finto di avere il Covid per non dover andare in caserma a firmare ogni giorno, come disposto dal Tribunale a causa di una serie di maltrattamenti e violenze. E sono anche riusciti a ottenere il certificato di malattia dal medico di base, dopo esserselo visto rifiutare da una dottoressa della guardia medica che è stata brutalmente aggredita per questo.
Le violenze
La vicenda nasce diversi mesi fa, quando un uomo querela il 55enne di Alessandria e la 41enne padovana. È l'ex marito della donna, che denuncia di essere vittima insieme al figlio minorenne (avuto dalla donna) di numerosi episodi di maltrattamenti, minacce e violenze da parte della 41enne e del suo nuovo compagno. Ne nasce un'indagine e per la donna scatta l’allontanamento dalla casa familiare, mentre sia per lei che per il 55enne viene disposto il divieto di avvicinamento alle persone offese con l’applicazione del braccialetto elettronico. I due vanno a vivere a Valbrenta e la misura cautelare viene poi modificata nell'obbligo di firma quotidiano nella caserma dei carabinieri.
Il finto Covid
I due quindi ogni giorno si presentavano a firmare, almeno fino al 28 maggio. Quel giorno il 55enne ha comunicato al telefono che erano malati e da allora non si sono più visti fino al 5 giugno. Per giustificare l'assenza è obbligatorio presentare un certificato di malattia e la coppia infatti ha portato con sé quel giorno un documento firmato dal medico di base in cui si dichiarava che avevano avuto una presunta infezione da Covid. Il dottore ha però poi specificato di non averne riscontrato i sintomi e di aver compilato il certificato sulla base delle dichiarazioni dei pazienti. Inoltre si è scoperto che il 30 maggio il 55enne aveva tentato di procurarsi il certificato tramite la guardia medica e quando la dottoressa di turno glielo aveva negato non essendovene i presupposti, lui l'aveva aggredita verbalmente. A fronte di tutte queste irregolarità i carabinieri hanno informato la Procura e il Tribunale e l'obbligo di firma è stato tramutato nella più severa misura cautelare degli arresti domiciliari.