«Com'eri vestita?». In mostra gli abiti e i pigiami indossati dalle donne quando hanno subito le violenze: pugni nello stomaco

Venerdì 26 Novembre 2021 di Claudio Strati
Uno dei capi di abbigliamento esposti
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BASSANO - Pigiami, costumini, bluse con i jeans, felpe sportive, gonne, vestitini. Com'erano vestite quelle donne, quelle giovani, quelle bambine al momento della violenza? Un pugno nello stomaco, un forte impatto emotivo quando si entra in San Giovanni, la grande chiesa settecentesca di piazza Libertà dove è allestita la mostra "Com'eri vestita?", organizzata a Bassano da Spazio Donna ma ideata da alcuni anni (è un evento itinerante) dalla cooperativa e centro antiviolenza Cerchi d'acqua di Milano.

Non solo taglie da adulte

Davvero una rassegna impressionante, nella sua complicata semplicità, e nella sua geniale ideazione. «Fa impressione vedere quei capi d'abbigliamento - spiega Maria Pia Mainardi di Spazio Donna -, soprattutto quelli di taglia piccola, certi pigiami, che ti fanno capire come la violenza non sia solo riservata alle adulte. Sono tre anni che volevamo portare qui questa mostra, molto gettonata in tutt'Italia, finalmente ce l'abbiamo fatta. Resta aperta fino all'1 dicembre. Come sappiamo c'è quel fare inquisitorio nei confronti delle donne violentate, quelle domande offensive nei tribunali o negli interrogatori che tendono a screditare la vittima, o a darle la "colpa" di quanto è accaduto. Perfino dall'Europa è arrivato un richiamo alla nostra magistratura... Perciò il titolo, "Com'eri vestita", richiama proprio quei luoghi comuni assurdi che "accusano" le donne diventate vittime di carnefici». Anche la sindaca Elena Pavan, che ha partecipato all'inaugurazione, ha commentato: «È impressionante vedere gli abiti, e quanti pigiami, indossati in quel momento che ha cambiato la vita delle donne abusate».

 

17 vestiti macchiati di brutalità

La mostra racconta storie di violenza sessuale attraverso l'esposizione di 17 vestiti che rappresentano  simbolicamente quelli indossati da 17 donne e bambine durante la violenza subita. Non sono esattamente gli stessi abiti che le donne e le giovani indossavano al momento dello stupro (quelli sono prove custodite nei tribunali), ma sono abiti, ci spiegano le ideatrici della mostra itinerante della cooperativa Cerchi d'Acqua, che sono state donati  dalle donne e dalle ragazze che hanno subito le violenze, che ricordano esattamente com'erano vestite in quei momenti drammatici. E, consegnando i capi d'abbigliamento, le donne e le giovani hanno affidato alle loro interlocutrici, magari nei gruppi di autoaiuto o in altre situazioni, anche le suggestioni, le frasi, i pensieri che quegli abiti suggerivano loro o che erano rimaste incise nella loro mente. Cose perciò vere, verissime. E quelle frasi, quei sentimenti, quei pensieri sono riportati ciascuno vicino al "suo" abito.

Il che lascia il visitatore attonito nel guardare e nel leggere e nel tentare di immaginare cosa sia accaduto.

Quelle frasi che fanno male

Le frasi, le "suggestioni" dellle donne, delle ragazze, delle bambine che indossavano quegli abiti in quei momenti, fanno male. Fanno capire la loro solitudine, vicini a uomini che diventano predatori, fanno immaginare cosa e come sia accaduto. Alcuni esempi. Vicino a una maglietta a righe e un paio di jeans: «Lui avrebbe dovuto scortarmi nel buio fino alla strada con i lampioni. Peccato che, nel buio, il pericolo fosse lui». Una mutandina da bagno rosa e questa domanda, che evidentemente venne rivolta all'aggressore prima della violenza: «Ora posso fare il bagnetto?». Una maglia rossa pesante indossata sopra un casto pigiama: « Pensavo che mettendo più strati di vestiti la notte avrei potuto impedirgli di fare ciò che voleva». Ma si sbagliava quella ragazza.

Un'idea nata negli States

La mostra, nata mutuando una idea orginaria nata in un campus universitario del Kansas,  negli States, è stata organizzata da Spazio Donna in collaborazione con il Comune di Bassano del Grappa e i 21 Comuni del territorio. 
«Troppo spesso - dicono a Spazio donna - la domanda “Cosa indossavi? Com’eri vestita?” sottende una sfumatura accusatoria, come a dire “te la sei un po’ cercata…”, rivolgendo i riflettori su chi subisce violenza e non su chi la agisce». «Da inizio anno ad oggi, in Italia, sono una sessantina le donne che hanno perso la vita per mano di un uomo - dicono a Spazio Donna -. Le bambine, ragazze e donne sopravvissute sono state vittime di maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, economica, abuso sessuale, molestie, stalking, minacce alla loro vita e a quelle dei loro figli e figlie. Figli e figlie che subiscono direttamente violenza o ne assistono  ogni giorno. Troppi stereotipi restano ancorati alla nostra società che si definisce civile, troppi diritti umani vengono violati  quotidianamente, troppe persone restano sorde e insensibili a quello che accade fuori e dentro alle mura domestiche. Nella maggior parte dei casi il maltrattante, l'autore di reato, è una persona conosciuta e familiare a chi subisce violenza. Deve partire da ciascuno di noi il desiderio di cambiare le cose, smettere di svalutare, minimizzare o giustificare pensieri, atteggiamenti e comportamenti violenti. Cambiare i pensieri per usare parole nuove, che non legittimino più la violenza in ogni sua forma nascente o dispiegata.Noi di Spazio Donna ci battiamo ogni giorno per contrastare ogni forma di violazione dei diritti umani e per dare ascolto e sostegno alle donne maltrattate».

La mostra si visita fino al 1. dicembre 2021 nella chiesa San Giovanni in Piazza Libertà a Bassano del Grappa, orari 9.30-12.30 e 15.30-19.

Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 18:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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