VICENZA - «Nel nostro Paese puoi scrivere sui social network "Investire un ciclista per educarne 100" riferendoti a un incidente stradale appena avvenuto e non subire alcuna conseguenza. Puoi ammazzare un ciclista, scappare all'estero guidando il tuo camion e continuare a vivere come se nulla fosse, mentre la persona che hai ammazzato è ancora in attesa dell'autopsia e la sua famiglia, devastata, non ha potuto ancora nemmeno organizzarle il funerale».
RIFERIMENTO AL CASO REBELLIN - Lo scrive, con evidente riferimento al caso di Davide Rebellin, l'Associazione dei ciclisti professionisti italiani, dando la notizia che «al tribunale di Pistoia si è conclusa la prima fase del processo contro l'odiatore di ciclisti che sul web, 3 anni fa, aveva aizzato alla violenza contro chi pedala, in seguito a un incidente in cui era stato coinvolto un atleta professionista in Toscana, e Marco Cavorso con l'Associazione corridori ciclisti professionisti italiani, Accpi, lo aveva denunciato per istigazione a delinquere aggravata dalla diffusione a mezzo informatico». «Oggi il giudice si è espresso per l'assoluzione in quanto il fatto non costituisce reato. Entro 90 giorni verrà depositata la sentenza, entro 135 giorni si potrà fare appello. Cavorso e Accpi intraprenderanno questa strada, il processo civile continuerà per rispettare la memoria di tutte le vittime della strada e per tutelare chiunque in questo Paese voglia muoversi usando la bicicletta. Mezzo il cui utilizzo dovrebbe essere incentivato e, invece, ancora una volta viene delegittimato e penalizzato. In Italia continuano a morire ogni giorno bambini e adulti, donne e uomini, studenti e lavoratori, ricchi e poveri, campioni e persone comuni, senza distinzione alcuna, perchè la violenza stradale non accenna a fermarsi e quella verbale contro gli utenti deboli invece di essere punita continua ad essere considerata accettabile».
#UNMETROEMEZZODIVITA - «Le strade italiane continuano a rappresentare un campo minato per i ciclisti, per questo il sindacato dei corridori professionisti italiani ha deciso di promuovere per la prossima domenica un'iniziativa a cui tutti sono invitati a partecipare, ovunque si trovino». «Per ricordare Davide Rebellin e continuare a chiedere rispetto e tutele per chi pedala invitiamo chiunque quel giorno a pedalare con il lutto al braccio e a postare sui propri canali social messaggi rivolti alla sicurezza stradale con l'hashtag #unmetroemezzodivita e taggando accpi. Rilanceremo i vostri messaggi con piacere perchè alla morte e alla violenza vogliamo rispondere con tutta la nostra voglia di vivere, la gioia di pedalare e il rispetto che merita ogni vita umana, anche quella di chi ci insulta e non si rende conto che quando è al volante è come se avesse in mano una pistola carica» commenta Cristian Salvato, presidente di Accpi. «L'esito dell'udienza contro uno dei tanti odiatori dei ciclisti è l'ennesimo schiaffo che riceviamo, ma non ci fermerà - aggiunge Marco Cavorso, responsabile alla sicurezza di Accpi e papà di Tommy, ucciso a 13 anni mentre era in sella alla sua bici. - Lo dobbiamo a mio figlio Tommaso e a tutti quei ragazzi e ragazze che resteranno giovani per sempre. Come il metro e mezzo per il sorpasso sicuro, che anche quando diventerà legge non sarà la panacea a tutti i mali visto quanto è radicata la violenza verbale e fisica nella nostra società, ma sarà il primo passo per riconoscere che gli utenti deboli della strada hanno diritto al loro spazio vitale».
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