«Com'è rilassante curare con le api, anche i suoni e i profumi degli insetti hanno un effetto benefico»

Sabato 12 Novembre 2022 di Vittorio Pierobon
Andrea Dal Zotto

MAROSTICA - Chiusi in una stanzetta di vetro, attorniati da circa 400mila api ronzanti e immersi nel profumo emanato dalle arnie. Può sembrare strano, ma è un'esperienza molto rilassante. Si chiama apiterapia e Andrea Dal Zotto, 47enne di San Luca di Marostica, è uno dei pionieri italiani di questa tecnica, che si sta diffondendo a macchia d'olio nel mondo. «Le api sono sempre state amiche dell'uomo e in tutte le religioni ci sono riferimenti a questo insetto.

Pensiamo al nettare degli dei. Pensiamo al suo insostituibile ruolo di impollinatrice, al miele che ci dona. Ora stiamo scoprendo effetti terapeutici dalla loro vicinanza». Dal Zotto per farsi intervistare ha voluto essere all'interno dell'apiario integrato, la gabbia di vetro comunicante con le arnie. Ci sono otto fori, chiusi con una griglia, connessi direttamente con gli alveari. In questo modo il suono e l'odore entrano nella stanzetta. C'è quasi la sensazione di essere dentro l'arnia. È tutto sicurissimo, non c'è alcuna possibilità di intrusioni degli insetti. Comunque, chiarisce l'apicoltore, non bisogna avere paura delle api. La sua è una difesa a tutto campo. «Sfatiamo i pregiudizi: le api non attaccano, se pungono è solo per difesa. Ciò avviene, quando compiamo movimenti bruschi, per esempio per scacciarle. Loro si spaventano e possono pungere, però è un gesto estremo. Piantare un pungiglione, significa per l'insetto morire perché nel tentativo di strapparlo si lacerano. Loro ne sono in qualche modo consapevoli e compiono questo sacrificio, quando pensano che sia in pericolo l'alveare».


LA PASSIONE
Ma allora, come comportarsi se un'ape ci ronza attorno, oppure come evitare che questo avvenga? «Le api sono attratte dai fiori, non dagli uomini. Però può accadere che il profumo che abbiamo addosso le inganni e che cerchino di capire che strano fiore siamo. Per questo ci girano attorno, però se stiamo fermi, anche quando si posano su un braccio, non ci pungono. Quindi il consiglio preventivo è di evitare di spruzzarsi profumo, quando si deve stare in mezzo alla natura. Comunque in caso di puntura non c'è da preoccuparsi». Questione di punti di vista. Meglio non provare, ma in caso di puntura bisogna sapere come comportarsi. «Se parliamo di una singola puntura non c'è alcun pericolo, basta togliere il pungiglione e frizionare la parte con un po' d'aceto. L'importante è estrarre il pungiglione nel modo giusto, perché buona parte del veleno non è stato ancora inoculato. Non bisogna, come verrebbe istintivo fare, prenderlo per l'estremità esterna e tirarlo fuori, perché è proprio la pressione che fa uscire le gocce di veleno. Bisogna spingere il pungiglione verso l'esterno, aiutandosi con un'unghia o anche con un moneta. Così si riducono al minimo le conseguenze». Mentre racconta Andrea si infervora, c'è passione con radici antiche nella sua attività. «Sono figlio di un falegname e anch'io ero avviato a quel mestiere. Sono stati tre personaggi di Marostica a farmi innamorare delle api, Bortolo Costacurta, un apicoltore che andava da mio padre per farsi costruire le arnie, il farmacista dell'epoca, Pietro Zaquini, e il maestro Pietro Marchesini.I loro racconti mi hanno affascinato fin da bambino e ho voluto approfondire la conoscenza, frequentando numerosi corsi, in varie parti d'Italia, conseguendo brevetti e diplomi, ma soprattutto imparando moltissimo sul campo, allevando le api. Prima a titolo personale, poi come professione. Però io non produco miele da vendere, io offro la possibilità di rilassarsi, uno stile di vita». Il metodo è semplicissimo, fare sedute nell'apiario. Da soli o in compagnia. Leggendo un libro, o, come spesso accade, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dalla mente, o dal sonno. La terapia è costituita dall'atmosfera nel suo insieme, il sound degli insetti, che varia a seconda dell'orario, il profumo che le arnie emanano, il paesaggio agreste.


MIX RILASSANTE
Un mix rilassante. Funziona, dice chi frequenta l'apiario. Il massimo - e c'è chi lo fa - è trascorrere la notte e dormire assieme alle api. «È un'esperienza unica. Si ha la possibilità di condividere una giornata con le api e vedere come si comportano, sentire i diversi suoni che emettono. All'imbrunire si assiste al rientro a casa. I suoni si attenuano, ma non si placano nemmeno di notte, poi all'alba scaldano i motori, il ronzio cresce. Per prime escono le api esploratrici, che individuano le zone dove andare a succhiare il nettare. Dopo una mezz'ora rientrano e spiegano alle altre api dove andare. È un momento meraviglioso, danzano nell'aria disegnando una sorta di mela e con le vibrazioni e i suoni che emettono danno le indicazioni, la distanza e la direzione in cui si trovano i fiori. Poi per tutto il giorno lavorano. Avanti e indietro per scaricare il nettare. Un lavoro faticoso che conducono fino alla fine della loro vita. Muoiono per la fatica, sempre lontano dall'alveare per non inquinarlo».
Queste lezioni sulle api, Dal Zotto le fa anche agli studenti. Non va nelle scuole, ma li accoglie nell'apiario. «Voglio che vedano le api nel loro ambiente. I giovani si appassionano, più di uno di loro, dopo questi incontri, ha voluto ospitare un alveare nel suo giardino. Un'esperienza che consiglio». Andrea ha molto da raccontare e insegnare. Parla del ciclo di vita di questi insetti.
«D'inverno 3-4 mesi, d'estate appena un mese. Ma la regina vive anche cinque anni». L'ape regina meriterebbe un capitolo a parte. «È meraviglioso conoscere la sua vita. Sceglie lei l'alveare dove trascorre la sua esistenza. Da lì esce solo per il volo nuziale, si allontana per essere fecondata da fuchi di altri alveari per favorire la biodiversità. Si muove a scatti per essere raggiunta solo dai più forti. Poi torna a casa e viene nutrita solo con pappa reale. Quando sente di essere prossima alla fine se ne va. Le api non muoiono mai a casa». Una curiosità, perché non raccoglie il miele?


ESSERE ACCETTATO
«Le mie api non lavorano per me, le voglio in forza. Il prelievo di miele da un alveare crea uno stress agli insetti, riduce le scorte dei cibo. Mediamente in un anno un'arnia produce circa 800 chili, che però servirebbero per l'alimentazione di tutto l'alveare. Gli apicoltori ne raccolgono attorno ai 50 chili. Io mi limito a qualche chilo solo per uso domestico». Dal Zotto esce dall'apiario e un'ape si avvicina, si posa sulla spalla.
«Vede - dice con orgoglio - loro mi riconoscono. Quando ho iniziato questa attività non succedeva. Ora, anche se sono in altre zone, capita che qualche ape venga a salutarmi. Sentono l'odore. Per me questa è una grandissima soddisfazione, essere accettato dalle api. Hanno capito che sono loro amico».

 

Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 10:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci