Sarà il 2022 l'anno di Antonio Pigafetta, il nobile vicentino che cinquecento anni fa aveva prima accompagnato, e poi concluso, la circumnavigazione del globo di Ferdinando Magellano, durata tre anni, dal 1519 al 1522.
IL TESTO ANTICO
Il testo autografo originale, terminato nel novembre 1522, è andato perduto, ne erano subito dopo state fatte tre copie, quella dell'Ambrosiana è una di queste tre copie, le altre risultano scomparse. Dopodiché sono state stampate due edizioni in francese, nel 1526, una delle due ha avuto ampia diffusione mentre dell'altra sopravvivono soltanto tre copie, una a Parigi e due a New Haven (Usa). Il doge di Venezia, Andrea Gritti, nel 1524 aveva concesso un privilegio di stampa ad Antonio Pigafetta, ma l'edizione veneziana non è mai stata realizzata. La relazione è scritta in volgare italiano inframmezzato da parole vicentine, e presenta interessantissime aggiunte di parole indigene annotate a margine, trascritte secondo la pronuncia, delle quali viene fornito il significato.
BIOGRAFIA MISTERIOSA
Tra le istituzioni coinvolte nelle celebrazioni del navigatore vicentino c'è ovviamente la Biblioteca civica Bertoliana. Chiara Visentin ne è la presidente. «Di Pigafetta si sa molto poco», spiega, «quasi niente, per la verità. Incerta la data di nascita, tra il 1492 e il 1493, figlio della seconda moglie di Giovanni. Non si sa dove e quando muore, non si sa dove sia il corpo, si conosce il suo diario perché è tornato e ha parlato dell'impresa. Vicenza ha presentato istanza per l'istituzione di un comitato nazionale per il viaggio attorno al mondo, per la precisione Antonio Pigafetta, vicentino, cronista della spedizione di Magellano 1519-22. I comitati nazionali, però, vogliono una data precisa, in questo caso non abbiamo un anno sicuro né della nascita né della morte. L'unica data certa è il 10 novembre 1522, il momento nel quale porta la relazione al re di Spagna e ne fa tre copie. Di conseguenza questa è l'unica data per la quale possiamo chiedere l'istituzione del comitato nazionale. Nel programma delle celebrazioni è inserita anche l'emissione di un francobollo».
TRA I BERICI
«Pigafetta innanzi a tutto è vicentino», prosegue Visentin, «e la sua famiglia in particolare apparteneva alla nobiltà vicentina. Il padre era notaio e faceva parte del Maggior consiglio che si riuniva in quella che diventerà in seguito la Basilica palladiana. Sono esistiti, ed esistono ancora, i discendenti di Pigafetta. Nel 1981 le sorelle Rita e Bruna Pigafetta hanno lasciato alla Bertoliana una cospicua somma in denaro perché la biblioteca studiasse i documenti e organizzasse un centro studi. Abbiamo cominciato a impostare il centro e abbiamo molto materiale sul quale ipotizziamo che Antonio Pigafetta si sia documentato, libri che probabilmente ha letto e studiato nelle biblioteche nobiliari della città. La Bertoliana è nata nel Settecento, ma ha incamerato gli archivi nobiliari cittadini, con atlanti, portolani, una Cosmografia del 1475, tutti testi che il navigatore può aver consultato. Lo sappiamo perché lo stesso Pigafetta dichiara che la lettura dei libri è stata all'origine della sua curiosità per i luoghi lontani. Abbiamo l'albero genealogico della famiglia, appena finito di restaurare grazie ai fondi donati dal Rotary Club, era stato trovato una trentina di anni fa all'interno di un archivio nobiliare. Tutto questo è inoltre prodromico alla candidature di Vicenza capitale italiana della cultura 2024».
CAVALIERE DI RODI
Antonio Pigafetta nel 1518-19 si trova a Barcellona al seguito del vicentino Francesco Chiericati, inviato di papa Leone X alla corte di Carlo I. Lì viene a sapere della spedizione di Magellano e si candida a partecipare come uomo d'arme sovrannumerario. Scrive una lettera nella quale si qualifica come lombardo. Questo aspetto è molto interessante, perché se si fosse dichiarato vicentino sarebbe stato facilmente scambiato per una spia della Serenissima, di cui Vicenza faceva parte. Venezia cercava di controllare i progressi portoghesi e spagnoli nel campo delle esplorazioni e quindi la presenza di un suddito veneto in una spedizione della corona di Spagna poteva essere guardato con sospetto. Essere lombardo, invece, poteva risultare più gradito alla corte di Madrid anche perché gli spagnoli avevano messo gli occhi su Milano e soltanto tre anni dopo, nel 1521, l'imperatore Carlo V vi avrebbe intronato il duca Francesco II Sforza. Una delle poche cose che si sanno di Pigafetta è che era un cavaliere di Rodi e le ricerche d'archivio potrebbero forse portare scoprire qualcosa di nuovo su di lui, ma per effettuarle servirebbero finanziamenti. Alcune lettere che lo riguardano sono invece conservate nell'archivio di Mantova, poiché una delle tre copie della sua relazione di cui si è detto, era indirizzata a Isabella d'Este Gonzaga, una delle figure più note del Rinascimento. Quello che in una prima stesura era un diario di viaggio diventa nelle lettere a Isabella d'Este un itinerario, ovvero uno scritto elaborato e arricchito, meditato e letterariamente costruito.
IL TESTAMENTO
Come detto all'inizio, di Antonio Pigafetta si perdono le tracce. Compare per l'ultima volta nel testamento che il padre redige nel giugno 1525. Gli viene concesso l'usufrutto di alcuni beni, qualora voglia venire ad abitare «in patria sua» il che significa che in quel momento non si trovava a Vicenza. Nel successivo testamento paterno, dell'agosto 1532, non viene nominato. Questo significa che il navigatore vicentino è morto in qualche luogo e in qualche momento rimasti sconosciuti, compresi nei sette anni che intercorrono tra il 1525 e il 1532. È auspicabile che le iniziative culturali previste per il 2022 possono contribuire a gettare nuova luce sulla sua figura.