Romeo e Giulietta e quel romantico balcone... taroccato /Ecco come è oggi e come era in realtà

Mercoledì 3 Aprile 2019 di Alessandro Marzo Magno
Romeo e Giulietta e quel romantico balcone... taroccato /Ecco come è oggi e come era in realtà
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Il terrazzo della più famosa storia d'amore ambientata a Verona venne inventato da un vulcanico soprintendente nel 1935.

Che bella la storia di Romeo e Giulietta, romantica e triste, scritta da uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi, William Shakespeare, quindi trasformata in balletto da un compositore come Petr Ilic Ciajkovskij, in opera da Vincenzo Bellini, in dipinto da Francesco Hayez, in film da Franco Zeffirelli e chi più ne ha più ne metta. E poi è ambientata a Verona, città meravigliosa, dove di Giulietta c'è pure il balcone. Ahemm balcone? Beh, sì, ma forse sarebbe meglio andarci cauti. Già, perché quel balcone famoso in tutto il mondo, è un falso.

ECCO COME APPARE OGGI


Un tarocco datato 1935. Chissà se se ne rendono conto i 350 mila turisti annuali che fanno della casa di Giulietta il secondo monumento veronese più visto dopo l'Arena.

ED ECCO COME ERA IN REALTÀ


Tanto per avere un'idea, il 47 per cento dei visitatori dei musei di Verona va all'Arena, il 20 per cento alla casa di Giulietta e solo il 10 per cento al museo di Castelvecchio che pur contiene capolavori assoluti, come il Pisanello o il Mantegna rubati quattro anni fa assieme ad altri 15 dipinti e recuperati dopo qualche tempo dai carabinieri del comando Tutela patrimonio culturale.
 
UN FALSO COSTRUITOIl falso è opera di Antonio Avena che per quarant'anni, dal 1915 al 1955, è stato direttore dei musei e della gallerie comunali di Verona. Avena voleva potenziare i legami tra la città scaligera e la tragedia shakespeariana. Il suo sogno era creare un nuovo museo che si occupasse di «raccogliere, conservare, esporre ed illustrare tutto quanto nel campo delle lettere, dei costumi, e delle belle arti ha avuto e abbia riferimento alla leggendaria vicenda degli amori di Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi», come recitava lo statuto di una mai nata società del museo Giulietta e Romeo. D'altra parte i magazzini cittadini erano pieni di materiale lapidario proveniente dalle varie soppressioni che si erano succedute nel corso dell'Ottocento, da Napoleone ai Savoia. L'idea di Avena, quindi, è stata piuttosto semplice: si è preso un palazzo duecentesco del centro, a metà circa di via Cappello, si è fatto un restauro che oggi definire invasivo sarebbe poco, e gli si sono appiccicati sopra tre lati di un sarcofago scaligero trecentesco. Un pugno gotico in un occhio medievale, se vogliamo. Nessuno aveva trovato nulla da ridire tuttavia, tanto che un paio d'anni dopo, nel 1937, si è pure proceduto a falsificare la tomba della medesima Giulietta. In questo caso c'era pure l'aggravante hollywoodiana.
ASPETTO CINEMATOGRAFICOAvena, infatti, era stato preso consulente dalla casa di produzione Metro Goldwyn Mayer che nel 1936 fa uscire un kolossal di tema shakespeariano. La produzione aveva preferito girare tutte le scene negli studi californiani, imitando alla bell'e meglio una Verona inesistente. Ma c'era la possibilità, sull'onda del successo cinematografico, che la città fosse invasa da turisti alla ricerca del luogo del doppio suicidio d'amore, nel film ambientato in una cripta. Peccato però che il sarcofago di Giulietta al tempo si trovasse in un chiostro. Il brillante Avena allora pensò di fornire ai visitatori quella che ai nostri giorni chiameremmo «location ideale». Pigliò il sarcofago e lo trasferì in una cantina, dando al tutto un'aria familiare a chi avesse visto il film. Il tutto col beneplacito della Soprintendenza, che lo autorizzò a realizzare un nuovo e più degno accesso al chiostro, e a trasferire la tomba, come scrive Alfredo Barbacci, il soprintendente del tempo, «in due vani sotterranei d'ignota destinazione, probabilmente cantina, camuffati a imitazione di cripta».
UNA BEFFA A REGOLA D'ARTETutto questo sembra anticipare di qualche decennio la vicenda delle teste di Modigliani: «Cercate qualcosa? E noi ve lo diamo». La beffa datata 1984 dei tre ragazzi livornesi che buttarono in acqua tre false teste di Modigliani fatte da loro in modo che venissero ritrovate, si è risolta in sbeffeggi e sghignazzi. Il falso balcone di Giulietta, invece, è ancora lì a fare da attrattiva turistica in una città che di autentico ha peraltro moltissimo da offrire. Non si può tuttavia nemmeno sminuire il ruolo di Avena a quello di semplice taroccatore, perché, in realtà è il padre del sistema museografico veronese. Era stato lui a convincere l'amministrazione comunale a dare una sede degna alle collezioni d'arte provenienti da chiese e conventi soppressi nonché dalle donazioni di privati. 
GRANDE ORGANIZZATOREEra stato lui a dar vita al Museo archeologico, al Teatro romano, a creare la Galleria d'arte moderna e il Museo del Risorgimento in quel palazzo Emilei appartenuto alla famiglia del conte Francesco Emilei, fucilato dai francesi in seguito alle Pasque veronesi. E soprattutto è sempre Antonio Avena a trasformare, tra il 1924 e il 1926, il Castelvecchio da caserma dismessa a sede di uno dei più prestigiosi musei civici dell'Italia settentrionale, scrigno di capolavori assoluti. Solo che si faceva un po' prendere la mano. Aveva lì tutto quel bendiddio che consisteva di marmi e pietre provenienti da edifici distrutti, peccato lasciarli inutilizzati in qualche magazzino. Molto meglio dar loro nuova vita e invertarsi così una nuova operazione storica, ecco quindi che Castelvecchio viene decorato con fontane, portali, finestre e quant'altro che in origine si trovavano nei palazzi demoliti. Con la casa e la tomba di Giulietta è andato ancora oltre, non limitandosi ad abbellire, ma creando dal nulla attrazioni in precedenza inesistenti. Gli è andata bene, si potrebbe dire. 
Alessandro Marzo Magno 
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Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 09:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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